L'Uomo Arancia

Letteratura d'assalto. In crisi. Dal 1989
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DE DEFINITIONIBUS

 Detesto l'olio sulla tastiera. Scrivere... scrivere ancora. Una nocciolina, piuttosto... la buccia si sgretola davanti a me, ma no... non sulla tastiera. Quella dev'essere pulita. Deve rimanere pulita.
Preferisco la neve... fuori dalla finestra che cade a fiotte lenta, ben visibile... tutto pulito, con la neve.
Sono necessità da soddisfare nell'immediato, senza nessuna attesa. È un bisogno che non si può sostituire in un altro momento, che non sai esattamente quando tornerà... e ci si ferma solo quando ci si sente soddisfatti, quando quella necessità è nulla, almeno per il momento. Ma la si allena, sì... la si allena. Si ha fame, in quel momento. Una fame trasparente fatta di polpa, di sangue, di cruda verità.
Sono un cannibale. La gente viene mangiata, divorata, sbranata. Fatta a pezzi per essere assimilata attraverso i miei occhi, il mio tatto, la mia bocca... gli odori. Detesto gli odori forti, i gusti forti. Preferisco la neve... niente sapore, niente colore, niente odore. La nocciolina scricchiola fra le mie mani mentre viene frantumata, rotta, aperta... e poi carta. Il rumore della pagina che viene accartocciata, per poi aprire la bocca. Un gesto egoista, tutto per me, solo sotto una lampada, di fronte alla finestra. E la neve che cade.
Veloce, veloce, avido, scrivo senza riflettere – ci sarà tempo, poi. Viaggio, vedo, sento, non penso e scrivo tutto, è un fiume, un fiume cazzo, un fiume di merda che piove dal cielo. Alzo gli occhi – è neve. C'è vita, c'è ancora vita, tutto quanto vive e mi mormora, ma ora era tanto, sì... era tanto, si muore, era troppo, ed è roboante il circo di voci che mi circondano, delle persone che ho visto, della gente che ho conosciuto... poesie, poesie viventi dappertutto, e adesso sono in piedi che mi guardano e mi indicano, e gridano e strillano...
Donne in ginocchio, una gonna viola a fiori, canotta nera, scalza bagna i suoi piedi di lacrime e benzina sull'asfalto rovente mentre lei piscia ubriaca, piange e strilla con le mani fra i capelli, l'uomo ha i calzoni troppo alti e la pancia troppo sporgente...la polo gialla è sbiadita, e la moglie? Che scopa feroce con l'amico mentre lui va a lavorare ridicolo penoso. Un morto senza speranza, perde i capelli ma non dice niente. Dopo i quaranta può essere anche normale, e che cazzo...
Vita? Sì. Quanta? Quanto la neve. Pulisce nel silenzio del cielo grigio senza emozioni. Copre la pioggia di vita che mi ha nascosto in questi mesi di silenzio, siedo da solo fra quattro mura e vengo colpito da un proiettile sparato dall'interno. C'è bisogno, e la sirena squilla sovrana.
Mi alzo? Sì, mi alzo. Smetto di fare qualsiasi cosa stia facendo, ché il bisogno è lì, e ho di nuovo fame. Mi ricordo che il mondo ha sempre fame e io sono un cannibale. Mi svuoto... il tappo è tolto, forse. Forse è stato solo leggermente svitato... tremo. Tremo per la frenesia causata dal gas che è stato agitato, questa volta, e che sta reagendo chimicamente al silenzio del mio ultimo periodo. Vita. Lavoro. Tempo.
Niente vale quanto la mia tastiera pulita e senza olio. Qualche briciola di nocciolina, simile a delle minuscole scheggie di legno che faranno per sempre parte di me, della mia mente, del mio corpo. Muoio.
Lo scotch può aiutare ad asciugare la pioggia in cui sono stato immerso, congelato, impegnato a nuotare, a galleggiare, a godere del sole che batteva forte sopra la mia testa. Troppo benessere, troppo di tutto, cambiamenti viaggi soldi fortuna sentimenti. Troppo di tutto, e silenzio dentro. Un po' di riposo è stato concesso ma non mi aspettavo questo, non mi aspettavo questo, non mi aspettavo niente di questo. Non era in programma. Programma? La vita degli altri. La mia no, la mia è una schiavitù. Schiavo di un bisogno che posso uccidere quando voglio, basterà non asecondarlo. È una dipendenza al contrario, un'antidipendenza, un'indipendenza.
Il vortice esiste ancora, lo sento e mi ha travolto, è come se non dipendesse più da me, è un essere vivente che si è risvegliato e mi ha posseduto, il mio corpo è suo, le mie dita, la tastiera, gli occhi sono usati da lui, io non ci sono più e lui sta riprendendo possesso.
Si è svegliato, grattato gli occhi, stiracchiato. Ora si è seduto alla mia scrivania e si sta rimettendo in moto. Sbadiglia e puzza d'alito, ma questo è quanto. Se lui riprende, la mia vita sarà diversa, e non sarà più mia. Io nel frattempo mi fermo e godo. Sorrido e sghignazzo mentre guardo quello che quel tizio sta facendo. Un nome? Non ce l'ha mica, ma non ce l'ho neppure io. Non lo voglio avere, non glielo voglio dare. Non lo conosco, non so chi sia, non so cosa farà cosa dirà, cosa scriverà. Non so cosa pensa, io ammiro, guardo, mi piace e non lo disturbo. Io vivo la mia vita, ma quando lui decide devo sedermi e aprire il computer. Devo usare la tastiera senza olio, la neve fuori è ancora fitta, da stamattina che pulisce la vita, il mondo, l'aria, la gente. La copre di bianco e ne rallenta le reazioni, ne smussa gli spigoli, ne nasconde la merda che presenta.
Whisky. Il suo sapore mi regala la connessione con gli occhi del ladro. Il ladro che mi ha rubato il corpo per fare i cazzi che gli pare, per scrivere, per dire, per parlare, per svuotarmi di quel liquido trasparente chiamato acqua, sedimentata sul fondo del mio barile e che melmosa inizia ora ad uscir fuori. È scivoloso, passare sulla pozza che ho versato, diventa pericoloso camminare sul mio vomito d'acqua trasparente e melmosa. Un po' marrone, un po' verdastra, devo averne accumulata tanta, nella mia riserva. Tempo per pensare, tempo per guardare, o ascoltare le emozioni. È tutto troppo breve, il pericolo che questa scia termini è troppo elevato per non dar retta alla pistola che mi è stata puntata alla tempia. E fanculo a tutto, fanculo al resto, fanculo a ciò di cui la gente parla o vuole parlare, vorrebbe parlare o stare a sentire, e magari ascoltare. Non c'è volontà, non c'è voglia, c'è solo bisogno. Perdere tempo, sì, perché non posso fare altro. Ho da lavorare, ho da pensare, ho da sistemare. I doveri. Questa è una necessità, questo è il mio respiro, questa è la mia vita, e non posso farne a meno quando la volontà si sveglia così dirompente. Mi ha svegliato di notte, il ladro. Ho sentito dei rumori che mi hanno svegliato, mentre dormivo con la mia compagna accanto, il suono e il profumo del suo respiro, dei suoi capelli, della sua pelle. Mi ha svegliato e ho deciso di star zitto e fermo nel mio letto, sotto le coperte. La vita mi ha svegliato mentre dormivo ma non le ho dato ascolto. Giuro, giuro che ho resistito quanto più potevo, ma ora è arrivato il momento e non posso pù fermarmi, non posso più frenarmi, non posso più che dare retta agli ordini che mi vengono impartiti.
Il fucile carico sulla schiena, quasi mi mancava la sensazione della paura e dell'inarrestabilità. Le emozioni devono avere il tempo di rigenerarsi, ma le mie continuano a fluire continue in massa come una sostanza gelatinosa gialla e brillante, riempiono ogni vena, ogni arteria, ogni fottutissimo capillare e io continuo a guardare il ladro che mi possiede e si impossessa di ciascuno dei miei nervi, di ciascuno dei miei muscoli. Lo guardo e sento il ticchettio dei tasti continuo, fluire piombando ai miei timpani col più dolce dei suoni che abbia mai sentito, un suono che ricopre interamente la gamma uditiva sensibile e ogni altro fattore diventa irrisorio. Niente può distrarmi, adesso, niente può distogliermi dall'avere un fucile puntato sulla schiena, una pistola sulla tempia. Non la fame, non la sete, non la volontà, non il dovere, non l'amore, non l'odio. Devo dare retta a ciò che sono, devo fare ciò che mi viene indicato di fare. Ci sono stati degli stimoli, ma non erano vere necessità. L'impulso è oggettivo, diventa impossibile arrestarsi, diventa meravigioso procedere, andare avanti, compiere, creare, annullarsi e concedere il proprio corpo ad un qualcosa... un essere... forse...
Diventa buio in fretta, diventa buio così in fretta che quando alzo gli occhi per vedere la neve, fatico a capire se ancora nevica oppure no. La lampada è diventata ora LA LUCE di tutta la stanza, la luce di tutto il palazzo, della città, il sole, è la mia vita. Mi permette di vedere quello che stanno facendo col mio corpo, quello che qualcuno... qualcosa sta compiendo, io non ci sono, resto distante, seduto con le gambe incrociate a guardare, a sorridere, impegnato a ripulirmi di troppo tempo di silenzio, a purificare il mio sangue con una nuova acqua, una nuova acqua, serena e fredda, gelida, pulita e candida.
In questo momento io non sono, non ho identità, non ho corpo – perché il corpo l'ha preso lui – ma sono un malato. Mi si sta facendo una trasfusione di vita, sto dando la vita vecchia per ricevere quella nuova, ma quella nuova non mi viene inserita. Sento di doverla respirare, bere, mangiare, e sento di diventare un cannibale, perché la vita è vera solo quando la si strappa alle altre persone, nel modo più sanguinario possibile, nel modo più crudo, cruento e crudele che si conosca.
Io prendo le parole dalle immagini che non vedo, prendo le idee dai suoni che non sento. È una trasposizione di menti, un trapianto di visioni, le persone vivono le loro vite mentre io trasparente gli passo accanto, respiro e inietto nel mio dentro la loro vita. Queste vite si sovrappongono e si miscelano in una perfetta sincronia metabolica, fino a diventare indipendenti. Organismi sensoriali assimilati che si dissimilano, che si staccano da ciò che li ha generati, come uno spermatozoo che diventa feto e che è pronto ad essere espulso senza una concreta volontà, ma naturalmente, spontaneamente e indipendentemente.

Sono una madre che dà vita ad un essere che potrebbe nascere mostro, perché generato da un padre violento, canaglia, vigliacco, bugiardo. Io partorisco senza sapere cosa faccio, senza conoscere come prendermi cura del mio figlio, senza avere nessuna idea su ciò che sto creando. Lo faccio perché sono gravido, e non posso fare a meno di partorire.

VECCHIO ILLUSO

Le cose facili le ostacolano
Quelle divertenti sono proibite
Quelle buone fanno male
e le belle le rovinano

Vecchio
ti trascini decadente in un affanno voluto
Una vita stancante ti abbandona
lentamente
Svuota di vigore le tue membra smorte
che tu ti ostini a muovere in modi impropri
inopportuni

Il tuo volto, flaccido e rigato
da lunghi e profondi solchi
è spento nello sguardo con palpebre cadenti

Il tuo passo cerca una forza
una vitalità ormai perduta
e ridicolo appari in pubblico
curando l’incurabile
negligendo ciò
che la società nasconde.


SCETTICA PER INVIDIA

Bella
forte personalità
Il tuo passato è nero di cicatrici non più recenti
Cenere
dentro e fuori
ancora calda
Occhi e orecchie che gettano sale d'invidia
sulla carne lacerata
Non accetti
il sorriso di chi ami
Non ascolti
promesse felici di sogni vicini
Protettiva, ti annunci
ma non godi di alcun sorriso
Precauzioni, le chiami
ma i nervi del volto smascherano la tua miseria

Fine giornata
di notte nel tuo letto
speri la morte di tutta la gioia
Idee surreali
ti mostrano un mondo coperto di ombre
Passato che occlude rubandoti il cielo

senza più luce non vedi alcun sole.

L'INTOLLERANTE

 Mandibole serrate
Denti stretti
Cerchi invano di mantenere le palpebre rilassate
Un ciglio che trema
il collo è teso
le labbra rigide
Il tuo respiro condotto da un battito cardiaco accelerato

Tachicardia
ansia e agitazione
Pressione esercitata da una mente troppo carica di idee
malsane avvelenate
scosse sbattute
terribile bufera
Soffri
cosciente dell'odio che non dovresti provare
muta di fronte a vane ragioni
per la rabbia che nasce

dalle scelte degli altri.

DEBOLE DIFESA

 Un cane dallo sguardo basso
seguito dal fedele movimento delle orecchie
La coda fra le gambe
trema
in attesa del bastone
che lo punirà per aver scavato nell'orto

Cosciente del tuo errore
Offesa progettata
Notti insonni alla ricerca di una ragione
che soddisfi la tua miseria

Sempre in cerca
sarai aggressiva con la tua inconsapevole vittima
Incuti timore
scudo delle tue colpe
fredda e noncurante
animo scarno
miserabile

Giunge l'istante in cui la scusa ti s'illumina
l'idea ti s'accende
la chiave di volta, il bandolo della matassa
inattaccabile ti trasformi

Innocente ed ingenua
incapace di alcun male
sorridente e disponibile
Il treno

violento t'investirà

SERPI

Cuore nerboruto
Fasci di giunchi marroni
intrecciati e rinsecchiti
rattrappiti da dosi di veleno
autogenerato da un fegato deviato
Non vedi il cielo e non senti il mondo
non gusti il cibo, non tocchi l’acqua

Nervi conduttori di scariche elettriche
Ignote percorrono i sentieri reconditi
di una mente atomica
radioattiva

Tesa e incosciente emani energia
che intacca i pori della mia pelle
e che in minime dosi perfora
una corazza troppo soffice
per poter reggere a simili spilli che iniettano
nel mio sangue
acide gocce di puro dolore

Tremo
Cado a terra preda di un’epilessia invasiva
incosciente di un uomo macchina indifferente
freddo e plastico
nelle azioni più violente
di cui esso è ormai assuefatto
cui nessuno può sottrarsi
in nessun modo

se non fuggendo.

STABILITA' O LIBERTA'

Un'altra stagione sta per cominciare... un altro periodo di feste che sta per cominciare... la gente che si diverte, che ride, che balla, che gongola... che se la spassino, a me fa piacere. Non mi fraintendete... è solo che poi, quelli che vedete divertirsi in modo così felice, almeno di facciata... quelle persone lì, quelle che ridono tanto, sono le stesse persone che girano col coltello ben nascosto. Gente senza scrupoli, gente che io... ve l'ho detto mesi fa, ve lo ripeto... gente che io temo profondamente. Devo ancora trovarla, la persona che mi tranquillizzi sui miei simili... che mi convinca del fatto che non c'è da aver paura. Io, per come la penso, onestamente, sono lontano dal crederci... la trovo anzi una fandonia bella e buona... una specie di promessa di paradiso, per dirla tutta... ci siamo capiti... no?
Quello che penso, ve lo dico con franchezza... ah, quanto vorrei dirlo al mondo intero, oltre che a voi... quanto vorrei dire quello che penso... spiattellarlo di qua, di là... ma purtroppo non sempre è possibile. Sapete, anche voi... no? Io mi sono imposto di dirvelo qui, quello che credo che succederà... a me, intendo, eh! A me, che sono una persona un po' così... ballerina, instabile, per dirla in tutta franchezza. Che sia la paura della gente, che non mi permette di mantenere una certa vita per più di qualche anno? Io questo non lo so... ma di sicuro, quello che sto per dirvi, non lo posso sbandierare ai quattro venti, altrimenti...!
Insomma, il mondo, la gente... son quelli che sono. Dobbiamo prenderci quello che ci spetta... dire quello che si pensa, al giorno d'oggi, non è mica una cosa semplice, almeno per me... io non so come sia per voi, ma onestamente, per come temo le persone, prima di parlarci ho imparato che conviene studiarle a fondo... oh, troppe sberle, mi son preso! Mi son fidato... gente buona, mica criminali attestati! Eppure... io le sberle me le sono beccate. Inizialmente reagivo d'impulso, ma forse sono io... non so reagire, non mi so comportare... da giovane, una cosa che non mi andava bene significava la liberazione immediata di un calcio in culo, una sberla, un vaffanculo che restituivo! Una rottura totale del rapporto!
Ma adesso, dopo varie esperienze negative, ho imparato a calmarmi... forse ero io, troppo impulsivo! Insomma, ve l'ho già detto, un po' in modo farraginoso, sì, lo ammetto... ma ve l'ho spiegato, in precedenza... ho iniziato a convincermi che il problema ero io, e non loro. Erano troppi, ed io cerco sempre di stare con i piedi per terra... una buona dose di umiltà auto iniettata nelle mie vene che mi aiuta ad avere ancora qualche rapporto sociale... l'umiltà è fondamentale, secondo me. Però, poi, succede che la gente, vedendoti così umile, pensa che tu sia un sacco da boxe! Inizi a prendere sberle, cazzotti, calci nel culo... l'umiltà, pensi tu... l'umiltà devo mantenerla... cerchi di fidarti, il problema sei tu, devi ricordare... e loro, invece di fermarsi, aumentano... calci, pugni, sberle... in faccia, in culo, ai coglioni! Allora arriva il momento in cui anziché riporgere l'altra guancia mi sposto, e rendo la sberla. Bella forte! SBAM! E quello cosa fa? Il picchiatore? Ci rimane male! Si offende! Non ti saluto più! Amici? Mai più! Fanculo!
È la vittima... tu, invece, il colpevole.
Come posso dire quello che penso a questa gente qui? Che mi frega, soprattutto, di dirglielo? Niente, mi faccio... e così vado avanti per la mia strada. Continuo a prendere sberle dalle persone che mi stanno care, finché non superano il limite, e allora gliene rendo una che vale per tutte quelle che mi hanno rifilato loro. Da buoni stronzi, insomma...
Sto zitto, chi se ne sbatte di dire la verità a queste persone, me lo spiegate? Che poi, la verità... la libertà di parola, di stampa, di pensiero... ah, lasciatemi dire!
Scusate, io lo so che diventa difficile seguirmi, ma ve lo prometto, che al punto ci arrivo... non abbiate fretta! Sedetevi... rilassatevi... qualcosa da bere? Un posto comodo... niente fretta... dedicatemi un po' di tempo! Io non scrivo che per voi, d'altronde... un po' di tempo, tutto quello che chiedo... un parere? No, non ve lo chiedo, ma se volete... mi farebbe un piacere che non vi dico! Mi rendereste felice! Davvero! Una mail ricevuta, una vittoria mica da poco conto...
Libertà di stampa, di pensiero, di parola... è un periodo in cui tutti si riempiono la bocca, di queste parole qua... tutti quanti! Siamo nell'epoca di internet, di Facebook, di Twitter... tutti vogliono dire qualcosa a tutti... mi ci metto in mezzo anch'io! Umiltà, vi dicevo... mica son diverso! Ho qualcosa da dire, io... certo... non vi racconto mica di quando mi sveglio con un occhio tappato dalla cispa! Mica vi racconto che dopo la corsa quotidiana, stamattina il mio culo sudava più del solito! Non vi dico niente del genere... non sono il genere di persona che manda gli auguri alla propria compagna su Facebook... o ai propri figli di cinque, o dieci anni... no! Ho qualcosa da dire anche io, vedete... mica scriverei tanto, altrimenti! Però cerco di parlare di cose che magari a qualcuno di voi potrebbero interessare... a uno su cento... uno su mille... qualcuno, dico... magari qualcuno che ascolta lo troverò, prima o poi...! Io ci provo, insomma!
Libertà di parola, libertà di stampa... il periodo della comunicazione globale ha inflazionato così tanto questo diritto, che per ricordarsene bisogna che crepino una dozzina di giornalisti a Parigi per aver pubblicato immagini offensive su Maometto. E allora via! Tutti quanti a essere “Charlie”... tutta questa banda di coglioni a uniformarsi, a omologarsi, a godere di questa condivisione universale del pensiero! Ah, non vi dico quanto ero incazzato, in quel periodo... c'è stata un'invasione di “Charlie”... un'invasione di stronzi, un'accozzaglia di capre, pecore, asini, idioti, beoti, creduloni e puzzolenti... gente senza un briciolo di cervello né di sguardo critico... Je suis Charlie... 'sto cazzo!
E m'incazzo ancora, a sentire questi pseudo giornalisti parlare di libertà di stampa... di libertà di parola... come se volessero convincermi che sia possibile, che sia un concetto reale... gli editori? Il peggio del peggio! Assoldati ad un sistema marcio, inteso per essere marcio, creato solo per quello e per far marcire il popolo... il solito mucchio di incapaci ciechi e sordi, il popolo... coglioni che non vedono mai al di là del proprio naso! Libertà di stampa... libertà di parola... fanculo!
Vi chiederete cosa sto dicendo... penserete che voglia essere necessariamente contro corrente, vero? Un tizio che pubblica su internet che va contro il sistema... il rivoluzionario dei miei coglioni? Ma adesso vi fermo, io... non vi preoccupate... con questo pensiero, dico... vi fermo io! Ve lo faccio vedere io, di cosa sto parlando... un argomento cui tengo tantissimo, sapete... un argomento che mi sta a cuore, perché coinvolge la letteratura, e che letteratura! La maestria nell'arte della prosa... riconosciuto, ai suoi tempi, come il più grande prosatore al mondo. E parlo del '900! Hemingway? Fitzgerald? Niente di niente... sto parlando di Céline! Sì, lo menzionai tempo fa... riportai un brano del Voyage, un'opera immortale... una prosa, uno stile così innovativo, e così vero, che lascia di stucco chiunque ci si accosti! Céline... Céline e la libertà di stampa... ah, mi chiedo cosa avrebbe pensato lui, ascoltando tutti i nostri cari giornalisti, politici, pseudo artisti e intellettualoidi del cazzo parlare, straparlare della libertà di stampa! Dopo che lui, per aver scritto un libro... era il 1937... per aver scritto un libro, non solo l'hanno seguito per tutta Europa... dato la caccia, arrestato, processato, accusato di collaborazionismo coi nazisti... no, non solo questo, ma gli hanno portato via tutte le opere pronte (ben sette romanzi pronti, finiti, chiusi lì nel suo armadio, pronti a vedere la luce), gliele hanno bruciate, distrutte... fatte sparire! Ma no, non si sono limitati a questo... a lui, per aver scritto un libro... che libro? Ma parlo di Bagatelle per un massacro, Cristo! Beh, dopo aver scritto quel libro, Céline è stato chiuso in una cella di tre metri per tre... profonda nove metri... due anni! Per un fottutissimo libro! Collaborazionismo? Sì, certo... ma come l'hanno accusato? Quando? Bagatelle!
Poi, direte voi... era il '37, certo... certo... scrivi qualcosa di sbagliato, l'aria è elettrica... si sa... la Seconda Guerra pronta ad esplodere, Hitler che ciondolava per la Germania, un vero caos ovunque... scrivi qualcosa di sbagliato, non te la scampi mica... certo! E il Mein Kampf? In negozio! Sugli scaffali... librerie! Biblioteche! Ovunque! La mia battaglia! Di Hitler in persona! Mica uno qualunque...
Ah, beh, non ve l'ho detto... non capite... tenetevi forte. Bagatelle per un massacro è tutt'ora fuori commercio! Indice dei libri proibiti! 2015, signore e signori! Venite a visitare il circo degli stronzi!
Stupiti, eh? Vi ho beccati! Libertà di stampa? Libertà di parola? Gli editori che ne parlano, poi... assoldati al putridume esistenziale in cui nuotiamo col naso tappato, per non sentire l'odore di merda in cui siamo immersi! Oggi, il libro di Céline, un'opera d'arte che ho avuto la fortuna di leggere, non è acquistabile. Non solo! Ma in molti Paesi d'Europa è scomparso anche dalle biblioteche, sapete? Nazionali, regionali, provinciali, comunali... qualcuno ce l'ha e lo vende a 150, 200, 300 Euro... ci credo, io! L'ho letto!
Il Mein Kampf? Di Hitler? Dappertutto, lo si trova, quello... ma Céline... l'arte, l'arte vera... quella colpisce di più. Fa più male. Di cosa parla? Degli ebrei... parla contro gli ebrei... un'invettiva... ebrei e comunisti! Associati e liberamente attaccati! Un libello antisemita della peggior specie! Giuro! Insulti, odio feroce scagliato con la potenza della prosa céliniana più eccellente, più vera, più nuda... eccelsa. Priva di ogni velo artificioso o romanzesco... arte allo stato puro, 100%, garantita! Materia prima!
Violento? Certo... razzista? Di più! Ma in quanto a logica... infernale! E a livello artistico... il firmamento, in quel libro.
No, non sono antisemita... antisionista, piuttosto... quello senza dubbio! Mi sta sulle palle quello che sta succedendo in Palestina, sì! Non mi nascondo di certo... chi se ne fotte? Non mi legge nessuno, qua! Solo voi... io e voi... resta fra noi. Ma Céline...
Vi spiego, giusto due parole... ci tengo a quest'autore! Céline, vi dicevo, parla degli ebrei in quanto maggiori possessori delle più grandi banche al mondo! Era un anticapitalista, lui! E andava contro quella direzione che la società, evidentemente, aveva già preso... semplice! E però non è tanto quello, che ha inculato il povero Céline... ma i nomi! I nomi delle singole persone al potere nei vari Stati... dagli Stati Uniti alla sua Francia, dalla Germania alla Russia all'Inghilterra... nomi! Documenti, cazzo... documenti veri, di gente vera! Ecco perché...
Libertà di stampa... libertà di parola... capite, ora, qualcosa di più di quello che sto dicendo? Di quello che sto cercando di dirvi, per lo meno... sentire questi camuffatori parlare mi fa rivoltare lo stomaco... le mie budella che si contorcono... m'infurio, a dire poco! Fortuna che io, TV, non ne guardo, e però... Cristo, pure io vivo! I video di quel tizio vestito di nero che taglia la testa a quelli vestiti di arancione... bambine stuprate, gente cui si mozza la testa, Saddam Hussein impiccato, trasmesso a livello mondiale... torturatori, violenze infime, delle peggiori... delle più disumane... pubblicano qualunque schifio umanamente fattibile, e mi vanno a sabotare la vendita del più grande prosatore di tutti i tempi? Non vi incazzereste pure voi, scusate? Non mi date ragione neanche un pochino?
Ma non si tratta soltanto della vendita... Céline, un maestro di letteratura cui anche il miglior Hemingway si sarebbe inchinato, non viene neppure menzionato nelle scuole! Non viene insegnato nei Licei! Le sue opere sono capolavori, eppure... sabotage!
Oh, non voglio fare un encomio su Céline, qui... scusatemi... l'entusiasmo, sapete... è che il suo caso è emblematico... vi fa capire per quale motivo ce l'avevo con tutti i “Charlie” fioriti dal nulla... nel nulla... gente di ogni tipo, fottutissime capre puzzolenti improvvisamente diventate appassionatissime di satira francese, bestie che magari non sanno neppure cosa sia la satira... personaggi capaci di collocarti la Francia fra la Polonia e la Norvegia...
No, non voglio fare un articolo su Céline, ma voglio parlarvi di quello che penso... ah, ora ve lo dico... ve l'ho promesso, d'altronde... è che non è una cosa che posso sbandierare ai quattro venti... ve l'ho detto! Non si può parlare! Questa gente qua, poi, è talmente falsa, che di dirgli le cose in faccia non se ne parla proprio! Ho imparato, io, sapete...? Meglio fargli pensare quello che vorrebbero sapere... meglio non dare adito alla loro rabbia, ira repressa... si scaglierà contro di voi! Tutta quanta! Certo come la morte! Meglio dirgli quello che vogliono sentirsi dire, indorare la pillola... poi fai quello che vuoi, sia chiaro! La decisione, una volta ponderata, va presa... prendetevi il vostro tempo, prima di decidere... bevetevi la vostra dose di stress, di nervoso, di isteria... ansia... poi, valutato per bene tutto quanto, pro e contro, prendete la vostra decisione... ma attenti! Non dite la verità! La verità, la parola, quella che molti dicono essere libera, ha un potere enorme, su alcuni individui... meglio usarla con moderazione... andarci coi piedi di piombo...
Sono una persona che ha fatto tanti cambiamenti repentini, durante la sua vita... quanti anni ho? Ah, mica un ragazzino... non più... ve lo dico. Al momento, 29... non sono tanti, no? Eh... lo so... è proprio quello, che mi preoccupa! Continuare a cambiare vita, radicalmente, dico... trasferimenti, compagne, case, lavori... ho cambiato tutto, io! Più e più volte, fatemelo dire... sono un po' stanchino, di cambiare, sapete? Vorrei trovarla, una sistemazione che mi renda sereno... pacifico... eppure non so neppure immaginarla, ancora. La compagna, credo di averla trovata, ma anche lì non ci sono pochi ostacoli da superare... insomma... sapete com'è, delle volte... la compagna, d'accordo... il lavoro? Pure quello, non dovrei avere grossi problemi, ma il posto? Sistemarmi, dove? Casa mia è in un posto, la direzione presa va in tutt'altra parte del mondo... come faccio?
Cambiare... il cambiamento non è che l'opposto della staticità. La staticità, l'uguaglianza... non intendetela a livello sociale, ma ad un livello più universale, più letterale... l'uguaglianza, la parità, la staticità, la piattezza, l'omogeneità... mettiamoci in mezzo pure un'altra parola... anche questa, abusata... globalizzazione. Tutti questi concetti sono in realtà piccole sfaccettature di un concetto più grande, più complesso... che io ho bisogno di evitare! Anche nel pensiero, s'intende! Solo il pensiero di questa cosa... questo concetto... tutti quanti la cercano, tutti quanti la vogliono, tutti quanti la pretendono... nella coppia, nella casa, nel lavoro, nella vita... io mi chiedo come cazzo facciano, ma la penso diversamente... di cosa parlo? Non l'avete capito? Parlo della stabilità!
Un concetto enorme, infinito, per quanto mi riguarda... Dio è stabile? Probabilmente sì. Tutti e due i concetti mi sembrano onnipotenti, tutti e due desiderati, bramati, amati, lodati... impalpabili...
Un mio amico... vi racconto una scena... un mio amico, un amico fraterno... gli do il cambio turno, dopo dieci minuti esce fuori strada con lo scooter... finito. Andato. Non c'è più.
Nessuno ci pensa mai, alla morte, e io non capisco perché... sono io, il pazzo? Sono io, che penso a come vorrei morire? A come vorrei vivere? Solo io ci penso?
Sto di nuovo divagando, sì... ma anche questo discorso qui, in realtà, si lega bene a quello che vorrei dire... la cosa proibita, non certo declamabile... si può dire che si odiano intere popolazioni! È giustificato odiare sette miliardi di persone, ma non si giustifica l'amore per due. Capite cosa intendo? Ma la cosa che vorrei dire io, qui... e ve la dico io, a voi, no. Questa cosa non si può dire... beh, sapete cosa? Io ve la dico.
Io credo che una persona che rifiuta la stabilità, debba fuggire da essa finché le è possibile. Poi, quando proprio non riesce a farcela... beh... che si ammazzi.

Almeno a quel punto si risparmierà la consapevolezza di esserlo diventato, stabile.

BELLA

Su una roccia morbida e rotonda
immersa fra bassi cespugli e che s’erge più in alto di quelli
siede tranquilla, e sola.
Abbraccia un ginocchio nudo portato al petto,
si regge in equilibrio sull’altra gamba soda, allungata
poggiando leggero il piede su un liscio basso scalino di pietra.
Respira.
Inala quel mondo sconosciuto che inconsapevolmente sente così suo.
Vive profumi e colori,
li assorbe dai grandi occhi rilassati, allietati.
Traspira la sua leppe il fresco dell’aria.
Pulita gentilmente le muove i capelli
ondulati e cascanti soffici sulle sue spalle, sui bei seni.
E la sua mente si ferma.
Si spegne l’universo a lei noto, confuso e rumoroso.
Il fruscio degli alberi dietro di lei,
il cinguettare costante nel cielo terso e luminoso
la invadono e la riempiono.
Sciolta e libera, diventa vento e petali delicati.
Si apre ai sensi.
Nessun pensiero la tormenta ora
e cresce nel suo spirito ridesto
la consapevolezza della sua reale appartenenza.
Felice il suo cuore esplode in un silenzio discreto
prima che di nuovo si scombussoli
corrotto schizofrenico

di fronte ad un chiassoso cocktail colorato.

DISCORSO DI UNA CARTOMANTE RINNEGATA

Come puoi voler conoscere il tuo futuro?
Pazzo!
L’ignoto è l’unico sale che possiedi in vita!
La sorpresa, la meraviglia, lo stupore, lo sbigottimento…
l’inatteso!
È ciò che tocca le tue più segrete corde,
la tenebra della conoscenza,
l’unica strada da percorrere.
Vuoi accendere i riflettori sulla via,
vuoi schernire ogni ombra rimasta,
innalzare e avvicinare gli argini del tuo percorso…
La morte, vuoi illuminare!
Vuoi scendere dal filo del funambolo e continuare per strada,
ma non sai che sono proprio i funamboli, i soli degni di ammirazione?
Ammirazione dello specchio,
amore e gioia di ricevere la propria unicità…
Tu vieni qui, da me… mi chiedi la Torcia,
vuoi vedere il passaggio prima di percorrerlo,
vuoi uccidere la curiosità,
annientare l’ignoto,
sconfiggere l’oscurità,
soffocare l’interessante…
Vuoi immergerti negli acclamati colori dell’inutile banalità.

Illuso, e pazzo insieme.

IL FILO MODERNO

I due giovani amanti giacciono immersi nel nuovo romanticismo
L’uno di fronte all’altra, si guardano
con occhi innamorati su visi luminosi
sedie imbottite rivestite in poliestere con schienale tecnico
Si scambiano parole di miele, profumate di primavera
Affondano nella tenebra in cui brillano, lucenti,
un milione e trecentodiecimila settecentoventi pixel.
Il suono delle dolci frasi
è un sorriso grazioso e mentale
accompagnato da magnifici CLAC
mentre i CLIC scandoscono le ore alternati ai BLAM
nella notte senza tempo,
senza preoccupazioni,
ché il domani non esiste, per gli innamorati,
né han bisogno del sole, o della luna.
Claustrofobia di quattro muri bianchi senz’aria.
E si sentono i profumi,
si toccano i corpi, si odono gli sguardi,
si gustano le labbra,
si vedono le leggere espressioni delicate
lasciando evadere l’immaginazione e vivere la fantasia,
unica parte della propria persona
non imprigionata nella scatola di plastica dal volto LCD.


PAROLE ALLO SPECCHIO

Il tuo sguardo penetra attraverso i vetri della tua finestra alta
Macchine lucide troppo grandi e veloci scorrono silenziose
Repressi solitari con sguardo basso si trascinano in compagnia di baldanzosi giullari a quattro zampe
Anziane galline dagli stonati capelli stratinti camminano a testa alta
impettite di illusorie grandezze,
superbamente ricche di pallide ovvietà.
Vedi terzi di giornate spesi per rispettar la servitù espansa
Ore figlie dell’oggi vigliacco e madri di assurdi futuri.

Ti volti abbattuto e pensieroso.
Torni perplesso alla tua scrivania
Davanti a quaderni per cui mille feste rifiutasti
Di fronte a terapeutiche poesie che altisonanti cantano contro la sociale epidemia.

Sei vivo
e nuoti in nobili note che ti esulano da allegri e dolci tocchi musicali.
Spontaneo e sano, morto e malato per chi sta al di là del muro.
Semplice e spensierato, strano depresso visto da sotto il davanzale.
Obiettivi originali
Pensieri liberi
Mente tersa
Vita umana
La tua persona è a fondo immersa nel circo della tua antitesi

Essa cavalca in lacrime la luccicante giostra della vita sorridente.

OPERAIO TRASFERTISTA

Animale
Profilo di scimmione
Il suo muso dalla barba incolta
supera la lunghezza del suo naso schiacciato.
Macaco assuefatto
dalla puzza di merda
della sua vita.
Vita che non vive
perché spinto dall’inerzia
della falsa sopravvivenza.
Mangia, la bestia.
Riempie il muso di pane secco,
asciutto.
Due file di denti gialli,
rotti, sporadici
sporgono dal palato viscoso
su una lingua bianca e appiccicosa.
Approfitta del pasto concesso,
si schiavizza per quello.
Al suo piede, una palla di piombo,
al suo collo, un collare di ferro.
Il suo culo peloso
grasso e puzzolente
è proprietà dell’imprenditore suo padrone
e lui mangia muto
sordo

cieco.

IL MANAGER

Siede sul divano
La luce irregolare del televisore gli irradia il viso
pallido azzurro elettrico
Sguardo spento
un morto di tre giorni
Il corpo è abbandonato sulla morbida pelle di cuscini costosi
Immobile
Il cuore e i polmoni tentano di tenerlo in vita
Cervello spento
essiccato sotto sale
non ha stimoli cui non saprebbe reagire
Ricezione passiva
parole, suoni, colori, immagini
Sorrisi e pianti fasulli e programmati
gli giungono dentro attraverso innate fessure
Uno stupro di occhi e orecchie

Lui è stanco
per l’arduo compito di responsabile
Fiero
per la mansione che gli è stata affidata
e il suo succo
l’ha lasciato nel frigorifero dell’ufficio
perché è solo lì che può goderselo
mentre sua moglie
silenziosa
tenta di dare il massimo orgogliosa dei risultati raggiunti
repressa nella stupidità del bricolage.