L'Uomo Arancia

Letteratura d'assalto. In crisi. Dal 1989
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DEBOLE DIFESA

 Un cane dallo sguardo basso
seguito dal fedele movimento delle orecchie
La coda fra le gambe
trema
in attesa del bastone
che lo punirà per aver scavato nell'orto

Cosciente del tuo errore
Offesa progettata
Notti insonni alla ricerca di una ragione
che soddisfi la tua miseria

Sempre in cerca
sarai aggressiva con la tua inconsapevole vittima
Incuti timore
scudo delle tue colpe
fredda e noncurante
animo scarno
miserabile

Giunge l'istante in cui la scusa ti s'illumina
l'idea ti s'accende
la chiave di volta, il bandolo della matassa
inattaccabile ti trasformi

Innocente ed ingenua
incapace di alcun male
sorridente e disponibile
Il treno

violento t'investirà

STABILITA' O LIBERTA'

Un'altra stagione sta per cominciare... un altro periodo di feste che sta per cominciare... la gente che si diverte, che ride, che balla, che gongola... che se la spassino, a me fa piacere. Non mi fraintendete... è solo che poi, quelli che vedete divertirsi in modo così felice, almeno di facciata... quelle persone lì, quelle che ridono tanto, sono le stesse persone che girano col coltello ben nascosto. Gente senza scrupoli, gente che io... ve l'ho detto mesi fa, ve lo ripeto... gente che io temo profondamente. Devo ancora trovarla, la persona che mi tranquillizzi sui miei simili... che mi convinca del fatto che non c'è da aver paura. Io, per come la penso, onestamente, sono lontano dal crederci... la trovo anzi una fandonia bella e buona... una specie di promessa di paradiso, per dirla tutta... ci siamo capiti... no?
Quello che penso, ve lo dico con franchezza... ah, quanto vorrei dirlo al mondo intero, oltre che a voi... quanto vorrei dire quello che penso... spiattellarlo di qua, di là... ma purtroppo non sempre è possibile. Sapete, anche voi... no? Io mi sono imposto di dirvelo qui, quello che credo che succederà... a me, intendo, eh! A me, che sono una persona un po' così... ballerina, instabile, per dirla in tutta franchezza. Che sia la paura della gente, che non mi permette di mantenere una certa vita per più di qualche anno? Io questo non lo so... ma di sicuro, quello che sto per dirvi, non lo posso sbandierare ai quattro venti, altrimenti...!
Insomma, il mondo, la gente... son quelli che sono. Dobbiamo prenderci quello che ci spetta... dire quello che si pensa, al giorno d'oggi, non è mica una cosa semplice, almeno per me... io non so come sia per voi, ma onestamente, per come temo le persone, prima di parlarci ho imparato che conviene studiarle a fondo... oh, troppe sberle, mi son preso! Mi son fidato... gente buona, mica criminali attestati! Eppure... io le sberle me le sono beccate. Inizialmente reagivo d'impulso, ma forse sono io... non so reagire, non mi so comportare... da giovane, una cosa che non mi andava bene significava la liberazione immediata di un calcio in culo, una sberla, un vaffanculo che restituivo! Una rottura totale del rapporto!
Ma adesso, dopo varie esperienze negative, ho imparato a calmarmi... forse ero io, troppo impulsivo! Insomma, ve l'ho già detto, un po' in modo farraginoso, sì, lo ammetto... ma ve l'ho spiegato, in precedenza... ho iniziato a convincermi che il problema ero io, e non loro. Erano troppi, ed io cerco sempre di stare con i piedi per terra... una buona dose di umiltà auto iniettata nelle mie vene che mi aiuta ad avere ancora qualche rapporto sociale... l'umiltà è fondamentale, secondo me. Però, poi, succede che la gente, vedendoti così umile, pensa che tu sia un sacco da boxe! Inizi a prendere sberle, cazzotti, calci nel culo... l'umiltà, pensi tu... l'umiltà devo mantenerla... cerchi di fidarti, il problema sei tu, devi ricordare... e loro, invece di fermarsi, aumentano... calci, pugni, sberle... in faccia, in culo, ai coglioni! Allora arriva il momento in cui anziché riporgere l'altra guancia mi sposto, e rendo la sberla. Bella forte! SBAM! E quello cosa fa? Il picchiatore? Ci rimane male! Si offende! Non ti saluto più! Amici? Mai più! Fanculo!
È la vittima... tu, invece, il colpevole.
Come posso dire quello che penso a questa gente qui? Che mi frega, soprattutto, di dirglielo? Niente, mi faccio... e così vado avanti per la mia strada. Continuo a prendere sberle dalle persone che mi stanno care, finché non superano il limite, e allora gliene rendo una che vale per tutte quelle che mi hanno rifilato loro. Da buoni stronzi, insomma...
Sto zitto, chi se ne sbatte di dire la verità a queste persone, me lo spiegate? Che poi, la verità... la libertà di parola, di stampa, di pensiero... ah, lasciatemi dire!
Scusate, io lo so che diventa difficile seguirmi, ma ve lo prometto, che al punto ci arrivo... non abbiate fretta! Sedetevi... rilassatevi... qualcosa da bere? Un posto comodo... niente fretta... dedicatemi un po' di tempo! Io non scrivo che per voi, d'altronde... un po' di tempo, tutto quello che chiedo... un parere? No, non ve lo chiedo, ma se volete... mi farebbe un piacere che non vi dico! Mi rendereste felice! Davvero! Una mail ricevuta, una vittoria mica da poco conto...
Libertà di stampa, di pensiero, di parola... è un periodo in cui tutti si riempiono la bocca, di queste parole qua... tutti quanti! Siamo nell'epoca di internet, di Facebook, di Twitter... tutti vogliono dire qualcosa a tutti... mi ci metto in mezzo anch'io! Umiltà, vi dicevo... mica son diverso! Ho qualcosa da dire, io... certo... non vi racconto mica di quando mi sveglio con un occhio tappato dalla cispa! Mica vi racconto che dopo la corsa quotidiana, stamattina il mio culo sudava più del solito! Non vi dico niente del genere... non sono il genere di persona che manda gli auguri alla propria compagna su Facebook... o ai propri figli di cinque, o dieci anni... no! Ho qualcosa da dire anche io, vedete... mica scriverei tanto, altrimenti! Però cerco di parlare di cose che magari a qualcuno di voi potrebbero interessare... a uno su cento... uno su mille... qualcuno, dico... magari qualcuno che ascolta lo troverò, prima o poi...! Io ci provo, insomma!
Libertà di parola, libertà di stampa... il periodo della comunicazione globale ha inflazionato così tanto questo diritto, che per ricordarsene bisogna che crepino una dozzina di giornalisti a Parigi per aver pubblicato immagini offensive su Maometto. E allora via! Tutti quanti a essere “Charlie”... tutta questa banda di coglioni a uniformarsi, a omologarsi, a godere di questa condivisione universale del pensiero! Ah, non vi dico quanto ero incazzato, in quel periodo... c'è stata un'invasione di “Charlie”... un'invasione di stronzi, un'accozzaglia di capre, pecore, asini, idioti, beoti, creduloni e puzzolenti... gente senza un briciolo di cervello né di sguardo critico... Je suis Charlie... 'sto cazzo!
E m'incazzo ancora, a sentire questi pseudo giornalisti parlare di libertà di stampa... di libertà di parola... come se volessero convincermi che sia possibile, che sia un concetto reale... gli editori? Il peggio del peggio! Assoldati ad un sistema marcio, inteso per essere marcio, creato solo per quello e per far marcire il popolo... il solito mucchio di incapaci ciechi e sordi, il popolo... coglioni che non vedono mai al di là del proprio naso! Libertà di stampa... libertà di parola... fanculo!
Vi chiederete cosa sto dicendo... penserete che voglia essere necessariamente contro corrente, vero? Un tizio che pubblica su internet che va contro il sistema... il rivoluzionario dei miei coglioni? Ma adesso vi fermo, io... non vi preoccupate... con questo pensiero, dico... vi fermo io! Ve lo faccio vedere io, di cosa sto parlando... un argomento cui tengo tantissimo, sapete... un argomento che mi sta a cuore, perché coinvolge la letteratura, e che letteratura! La maestria nell'arte della prosa... riconosciuto, ai suoi tempi, come il più grande prosatore al mondo. E parlo del '900! Hemingway? Fitzgerald? Niente di niente... sto parlando di Céline! Sì, lo menzionai tempo fa... riportai un brano del Voyage, un'opera immortale... una prosa, uno stile così innovativo, e così vero, che lascia di stucco chiunque ci si accosti! Céline... Céline e la libertà di stampa... ah, mi chiedo cosa avrebbe pensato lui, ascoltando tutti i nostri cari giornalisti, politici, pseudo artisti e intellettualoidi del cazzo parlare, straparlare della libertà di stampa! Dopo che lui, per aver scritto un libro... era il 1937... per aver scritto un libro, non solo l'hanno seguito per tutta Europa... dato la caccia, arrestato, processato, accusato di collaborazionismo coi nazisti... no, non solo questo, ma gli hanno portato via tutte le opere pronte (ben sette romanzi pronti, finiti, chiusi lì nel suo armadio, pronti a vedere la luce), gliele hanno bruciate, distrutte... fatte sparire! Ma no, non si sono limitati a questo... a lui, per aver scritto un libro... che libro? Ma parlo di Bagatelle per un massacro, Cristo! Beh, dopo aver scritto quel libro, Céline è stato chiuso in una cella di tre metri per tre... profonda nove metri... due anni! Per un fottutissimo libro! Collaborazionismo? Sì, certo... ma come l'hanno accusato? Quando? Bagatelle!
Poi, direte voi... era il '37, certo... certo... scrivi qualcosa di sbagliato, l'aria è elettrica... si sa... la Seconda Guerra pronta ad esplodere, Hitler che ciondolava per la Germania, un vero caos ovunque... scrivi qualcosa di sbagliato, non te la scampi mica... certo! E il Mein Kampf? In negozio! Sugli scaffali... librerie! Biblioteche! Ovunque! La mia battaglia! Di Hitler in persona! Mica uno qualunque...
Ah, beh, non ve l'ho detto... non capite... tenetevi forte. Bagatelle per un massacro è tutt'ora fuori commercio! Indice dei libri proibiti! 2015, signore e signori! Venite a visitare il circo degli stronzi!
Stupiti, eh? Vi ho beccati! Libertà di stampa? Libertà di parola? Gli editori che ne parlano, poi... assoldati al putridume esistenziale in cui nuotiamo col naso tappato, per non sentire l'odore di merda in cui siamo immersi! Oggi, il libro di Céline, un'opera d'arte che ho avuto la fortuna di leggere, non è acquistabile. Non solo! Ma in molti Paesi d'Europa è scomparso anche dalle biblioteche, sapete? Nazionali, regionali, provinciali, comunali... qualcuno ce l'ha e lo vende a 150, 200, 300 Euro... ci credo, io! L'ho letto!
Il Mein Kampf? Di Hitler? Dappertutto, lo si trova, quello... ma Céline... l'arte, l'arte vera... quella colpisce di più. Fa più male. Di cosa parla? Degli ebrei... parla contro gli ebrei... un'invettiva... ebrei e comunisti! Associati e liberamente attaccati! Un libello antisemita della peggior specie! Giuro! Insulti, odio feroce scagliato con la potenza della prosa céliniana più eccellente, più vera, più nuda... eccelsa. Priva di ogni velo artificioso o romanzesco... arte allo stato puro, 100%, garantita! Materia prima!
Violento? Certo... razzista? Di più! Ma in quanto a logica... infernale! E a livello artistico... il firmamento, in quel libro.
No, non sono antisemita... antisionista, piuttosto... quello senza dubbio! Mi sta sulle palle quello che sta succedendo in Palestina, sì! Non mi nascondo di certo... chi se ne fotte? Non mi legge nessuno, qua! Solo voi... io e voi... resta fra noi. Ma Céline...
Vi spiego, giusto due parole... ci tengo a quest'autore! Céline, vi dicevo, parla degli ebrei in quanto maggiori possessori delle più grandi banche al mondo! Era un anticapitalista, lui! E andava contro quella direzione che la società, evidentemente, aveva già preso... semplice! E però non è tanto quello, che ha inculato il povero Céline... ma i nomi! I nomi delle singole persone al potere nei vari Stati... dagli Stati Uniti alla sua Francia, dalla Germania alla Russia all'Inghilterra... nomi! Documenti, cazzo... documenti veri, di gente vera! Ecco perché...
Libertà di stampa... libertà di parola... capite, ora, qualcosa di più di quello che sto dicendo? Di quello che sto cercando di dirvi, per lo meno... sentire questi camuffatori parlare mi fa rivoltare lo stomaco... le mie budella che si contorcono... m'infurio, a dire poco! Fortuna che io, TV, non ne guardo, e però... Cristo, pure io vivo! I video di quel tizio vestito di nero che taglia la testa a quelli vestiti di arancione... bambine stuprate, gente cui si mozza la testa, Saddam Hussein impiccato, trasmesso a livello mondiale... torturatori, violenze infime, delle peggiori... delle più disumane... pubblicano qualunque schifio umanamente fattibile, e mi vanno a sabotare la vendita del più grande prosatore di tutti i tempi? Non vi incazzereste pure voi, scusate? Non mi date ragione neanche un pochino?
Ma non si tratta soltanto della vendita... Céline, un maestro di letteratura cui anche il miglior Hemingway si sarebbe inchinato, non viene neppure menzionato nelle scuole! Non viene insegnato nei Licei! Le sue opere sono capolavori, eppure... sabotage!
Oh, non voglio fare un encomio su Céline, qui... scusatemi... l'entusiasmo, sapete... è che il suo caso è emblematico... vi fa capire per quale motivo ce l'avevo con tutti i “Charlie” fioriti dal nulla... nel nulla... gente di ogni tipo, fottutissime capre puzzolenti improvvisamente diventate appassionatissime di satira francese, bestie che magari non sanno neppure cosa sia la satira... personaggi capaci di collocarti la Francia fra la Polonia e la Norvegia...
No, non voglio fare un articolo su Céline, ma voglio parlarvi di quello che penso... ah, ora ve lo dico... ve l'ho promesso, d'altronde... è che non è una cosa che posso sbandierare ai quattro venti... ve l'ho detto! Non si può parlare! Questa gente qua, poi, è talmente falsa, che di dirgli le cose in faccia non se ne parla proprio! Ho imparato, io, sapete...? Meglio fargli pensare quello che vorrebbero sapere... meglio non dare adito alla loro rabbia, ira repressa... si scaglierà contro di voi! Tutta quanta! Certo come la morte! Meglio dirgli quello che vogliono sentirsi dire, indorare la pillola... poi fai quello che vuoi, sia chiaro! La decisione, una volta ponderata, va presa... prendetevi il vostro tempo, prima di decidere... bevetevi la vostra dose di stress, di nervoso, di isteria... ansia... poi, valutato per bene tutto quanto, pro e contro, prendete la vostra decisione... ma attenti! Non dite la verità! La verità, la parola, quella che molti dicono essere libera, ha un potere enorme, su alcuni individui... meglio usarla con moderazione... andarci coi piedi di piombo...
Sono una persona che ha fatto tanti cambiamenti repentini, durante la sua vita... quanti anni ho? Ah, mica un ragazzino... non più... ve lo dico. Al momento, 29... non sono tanti, no? Eh... lo so... è proprio quello, che mi preoccupa! Continuare a cambiare vita, radicalmente, dico... trasferimenti, compagne, case, lavori... ho cambiato tutto, io! Più e più volte, fatemelo dire... sono un po' stanchino, di cambiare, sapete? Vorrei trovarla, una sistemazione che mi renda sereno... pacifico... eppure non so neppure immaginarla, ancora. La compagna, credo di averla trovata, ma anche lì non ci sono pochi ostacoli da superare... insomma... sapete com'è, delle volte... la compagna, d'accordo... il lavoro? Pure quello, non dovrei avere grossi problemi, ma il posto? Sistemarmi, dove? Casa mia è in un posto, la direzione presa va in tutt'altra parte del mondo... come faccio?
Cambiare... il cambiamento non è che l'opposto della staticità. La staticità, l'uguaglianza... non intendetela a livello sociale, ma ad un livello più universale, più letterale... l'uguaglianza, la parità, la staticità, la piattezza, l'omogeneità... mettiamoci in mezzo pure un'altra parola... anche questa, abusata... globalizzazione. Tutti questi concetti sono in realtà piccole sfaccettature di un concetto più grande, più complesso... che io ho bisogno di evitare! Anche nel pensiero, s'intende! Solo il pensiero di questa cosa... questo concetto... tutti quanti la cercano, tutti quanti la vogliono, tutti quanti la pretendono... nella coppia, nella casa, nel lavoro, nella vita... io mi chiedo come cazzo facciano, ma la penso diversamente... di cosa parlo? Non l'avete capito? Parlo della stabilità!
Un concetto enorme, infinito, per quanto mi riguarda... Dio è stabile? Probabilmente sì. Tutti e due i concetti mi sembrano onnipotenti, tutti e due desiderati, bramati, amati, lodati... impalpabili...
Un mio amico... vi racconto una scena... un mio amico, un amico fraterno... gli do il cambio turno, dopo dieci minuti esce fuori strada con lo scooter... finito. Andato. Non c'è più.
Nessuno ci pensa mai, alla morte, e io non capisco perché... sono io, il pazzo? Sono io, che penso a come vorrei morire? A come vorrei vivere? Solo io ci penso?
Sto di nuovo divagando, sì... ma anche questo discorso qui, in realtà, si lega bene a quello che vorrei dire... la cosa proibita, non certo declamabile... si può dire che si odiano intere popolazioni! È giustificato odiare sette miliardi di persone, ma non si giustifica l'amore per due. Capite cosa intendo? Ma la cosa che vorrei dire io, qui... e ve la dico io, a voi, no. Questa cosa non si può dire... beh, sapete cosa? Io ve la dico.
Io credo che una persona che rifiuta la stabilità, debba fuggire da essa finché le è possibile. Poi, quando proprio non riesce a farcela... beh... che si ammazzi.

Almeno a quel punto si risparmierà la consapevolezza di esserlo diventato, stabile.

TRAMONTO SULLE FABBRICHE ABBANDONATE

La luna nuova è ancora bassa
quando ammira il tramonto di sangue che muore
di fronte a lei.
Gocciola, il cielo, dopo che gli dèi sono stati sgozzati
Urla lacrime e dolore
la sofferenza di una gente inerme
che con sguardo basso non ha la forza di osservare
la pira funebre che sopra il capo gli s’innalza sovrana.


ARRIVISTA

Vestito corto e tacchi alti
un reggiseno che mette in mostra una bellezza che non possiedi
Discoteca, luci, drink, locali
cocktail, sorrisi, musica, urla
Si sprecano i commenti con le tue amiche
su questo o quell'altro
ragazzo ben tenuto dal fisico curato
Camicia sbottonata
pantaloni a vita bassa
Bevi e ridi, chiassosa gesticoli
Quello è l'ambiente in cui ti riconosci
Parli e balli, baci e tocchi
concedi il tuo corpo alle mani più varie
ché quello è divertirsi
senza dar spazio alla noia

Cresci, studi, ti dici matura
avanzi con gli anni più in fretta del tempo
trovi un ragazzo di buona famiglia
è l'occasione che stavi aspettando
Niente più troia, né più smorfiosa
Via le risate, perfino i sorrisi
cambi la voce
un'altra postura
tanto ti vanti di essere donna
da rinnegare un passato avvenuto

Ma ciò che tu sei
è forse ignoto persino a te stessa
Segui la massa
le norme comuni
scegli una maschera che annunci reale
critichi quelle che vogliono ridere
attesa vana di una vita felice.


VORREI FARE L'AGRICOLTORE

Vorrei fare l’agricoltore
Lavorare duro e racimolare soldi
per poi
comprare un pezzo di terra spoglia

Da febbraio ad agosto lavorare nel fango
mettere in piedi un piccolo capanno
fatto di canne e di travi
di legno
con una vecchia porta scricchiolante e sghemba
che si chiuda con un semplice passante
arrugginito

Zappare la terra e bagnarla del mio sudore
spaccarmi le mani e incallirle per la fatica
E seminare nel mese di aprile
dopo aver fatto delle buone provviste di acqua piovana

Essere presente
cosciente della crescita delle mie pianticelle
raccoglierne i frutti e godere del loro succo
dolce e meraviglioso

Vorrei fare l’agricoltore
e allevare qualche gallina, qualche coniglio
procurarmi un maialetto, un agnello
di tanto in tanto
cuocere il pane nel mio forno a legna
fare la pasta, mangiarla in campagna
con le mosche e le vespe che mi ronzano attorno

Vorrei fare l’agricoltore
per fuggire da tutti quelli che si dannano la vita
dando troppa importanza alle loro scartoffie.


PROFESSIONISTA DEL III MILLENNIO

Giochi a fare l’adulta
Respiri affannata nel silenzio di una stanza
adibita ad ufficio
Riempi la scrivania di inutili scartoffie
creando un disordine che non ti appartiene
Sei ricca
di materiale a buon mercato
Pensi che una professione si crei facendo gli acquisti azzeccati
Dici che corri, dici che hai fretta
Falsa t’ingegni ciò di cui ti vanti
Non concepisci la naturalezza di quello che sei
Non sai accettare la persona che reale
vive il tuo corpo.
Il tuo vero essere non è ciò che tu vuoi
Parli e straparli di cose inventate
Con l’apparenza nascondi il tuo spirito
Spirito povero, avido, scarno
Curiosità mai nate
Porti un cartello con scritto “son pura”
dietro del quale tu non sei che sporca
Luridi stracci
son gli abiti soli che porti davvero
Non lo sopporti
ma solo di quelli tu ti puoi coprire
ché l’abito nobile non è dato a tutti
Tu non ce l’hai
Non lo conosci
Non puoi crearlo.

VENDITRICE AMBULANTE UN INVERNO NELL'EST

Avvolta da una grossa sciarpa di lana
Una giacca grezza e pesante la copre fino alle ginocchia
Porta vecchi stivali marroni imbottiti ai piedi
È bassa, gobba e floscia
Il suo vecchio viso è costellato di rughe
e gli occhi azzurri brillano nell’aria ghiacciata
seri e statuari mentre osservano il mondo veloce
che corre davanti al suo banco.
I pretzel speziati sono la sua sola ricchezza
che aspetta paziente che arrivi sotto la neve dannata.
Lei pensa alla guerra
Povertà e violenza
Pensa alla fame e poi pensa ai morti
Pensa alla vita dei tempi di gelo,
alle mancanze subite in passato.
Lei vede tutto da sotto il suo telo
non chiede però perché questo accada
Prende il presente, beffardo, crudele
Conosce e ricorda il passato bastardo.

Passa un turista
Caldo cappello, guanti di pelle
Fotografa allegro le strade a lei note
con tablet e smartphone

scettri dei re dell’oggi più assurdo.

AMICO MIO

Quando parli
ragioni bene, la pensi bene
Sei sempre stato uno dei miei
ma questo mondo rovina gli eroi
figuriamoci quelli come te.

Persona semplice
arruolata e assoldata
soggiogata dalle parole di alieni provenienti dalla scorsa generazione
Non ragioni abbastanza, non pensi di più
L’errore tuo è stato fidarti di funzioni ancestrali
è stato affidarti
a necessità obsolete.

Un consiglio sbagliato
e a causa sua sei stato corrotto
La tua forza è stata annullata
la tua mente offuscata
Sei diventato spazzatura
ti sei immolato per una causa in cui non credi
ma vuoi dimostrare
a tutti i costi
che tu hai personalità
Ma quale
personalità?
Quale, lo sai?

La rabbia che palesi
la robustezza che tanto mostri
altro non è
che merda sciolta sotto il sole d’estate
e tu ora puzzi
quanto quella merda ormai marcia dopo giorni di attesa.


OPERAIO TRASFERTISTA

Animale
Profilo di scimmione
Il suo muso dalla barba incolta
supera la lunghezza del suo naso schiacciato.
Macaco assuefatto
dalla puzza di merda
della sua vita.
Vita che non vive
perché spinto dall’inerzia
della falsa sopravvivenza.
Mangia, la bestia.
Riempie il muso di pane secco,
asciutto.
Due file di denti gialli,
rotti, sporadici
sporgono dal palato viscoso
su una lingua bianca e appiccicosa.
Approfitta del pasto concesso,
si schiavizza per quello.
Al suo piede, una palla di piombo,
al suo collo, un collare di ferro.
Il suo culo peloso
grasso e puzzolente
è proprietà dell’imprenditore suo padrone
e lui mangia muto
sordo

cieco.

IL MANAGER

Siede sul divano
La luce irregolare del televisore gli irradia il viso
pallido azzurro elettrico
Sguardo spento
un morto di tre giorni
Il corpo è abbandonato sulla morbida pelle di cuscini costosi
Immobile
Il cuore e i polmoni tentano di tenerlo in vita
Cervello spento
essiccato sotto sale
non ha stimoli cui non saprebbe reagire
Ricezione passiva
parole, suoni, colori, immagini
Sorrisi e pianti fasulli e programmati
gli giungono dentro attraverso innate fessure
Uno stupro di occhi e orecchie

Lui è stanco
per l’arduo compito di responsabile
Fiero
per la mansione che gli è stata affidata
e il suo succo
l’ha lasciato nel frigorifero dell’ufficio
perché è solo lì che può goderselo
mentre sua moglie
silenziosa
tenta di dare il massimo orgogliosa dei risultati raggiunti
repressa nella stupidità del bricolage.


DI LÀ DEL MURO

Tutto il melodramma che mi circonda
Tutta questa gente che mi fa vomitare
Io vi temo
Schifiltosi e viziati signorini capaci solo di lagnarsi
Il mondo non gira nel verso a voi congeniale
Scoprite di dover camminare per poter sopravvivere
Lo scoprite tardi, vi siete fottuti, e adesso la colpa è nostra
Incolpate il mondo e i loro fratelli,
gli amici e l’istruzione,
incolpate i bastardi e i genitori, gli apolidi e gli avvoltoi
Meschini vi scoprite sofferenti e monchi
Sperate senza convinzione che l’aria si tinga per voi
Giudicate spietati l’ingiustizia universale
Vomitate merda fumante e cagate piscio verdastro
Calpestate i vermi che vi sbucano dalle unghie dei piedi
Gente morta e inoffensiva
Cani rognosi delusi e lamentosi.

Sporcati i capelli, puttana d’alto bordo!
Fatti scopare dal cazzo fangoso della vita di oggi
Allatta i figli delle scrofe più grasse
Dona i tuoi seni alla lingua più marcia
Respira i vapori della merda caprina
ché quello è il tuo cibo, principessa,
quello il tuo bere, quello il tuo amore!
Benvenuta, bagascia del mondo
Ti accogliamo nel culo del cielo, fra le cosce della gente reale
che vive in silenzio
cosciente di farlo.


ARBEIT MACHT FREI

«Al servizio della Compagnie Pordurière del Piccolo Togo sgobbava dunque insieme a me, come ho detto, negli hangar e sulle piantagioni, un gran numero di negri e di poveri bianchi del mio genere. Gli indigeni, loro, funzionano insomma solo a colpi di bastone, conservano questa dignità, mentre i bianchi, perfezionti dall’educazione pubblica, fanno da soli.
«Il bastone finisce per stancare chi lo maneggia, mentre la speranza di diventare potenti e ricchi di cui i bianchi s’ingozzano, quella non costa niente, assolutamente niente. Che non ci vengano più a decantare l’Egitto e i Tiranni tartari! Quei dilettanti antiquati erano solo dei pataccari pretenziosi nell’arte suprema di far spremere alla bestia verticale il massimo sforzo sul lavoro. Non sapevano, quei primitivi, chiamare “Signore” lo schiavo, e farlo votare di quando in quando, né pagargli il giornale, né soprattutto portarselo in guerra, per fargli sbollire le passioni. Un cristiano di venti secoli, ne sapevo qualcosa, non si trattiene più quando davanti a lui viene a sfilare un reggimento. La cosa gli fa sprizzare troppe idee.»

Viaggio al termine della notte, di L. F. Céline, 1932

Sei uno di quelli che ha trovato una delle mie poesie in mezzo a un libro appena acquistato. O l’hai trovata in una scatola di scarpe che volevi provarti, dietro il pacco della pasta sullo scaffale, al supermercato… sul sedile del treno, di un cinema, di un teatro. Hai trovato una mia poesia nei cessi della stazione. O te la sei ritrovata sotto al culo dopo esserti seduto al tavolino di un bar. Non ti dirò chi sono. Ti dirò chi non sono. Non sono l’uomo arancia.
Odio il lavoro e tutto ciò che mi stanca. Odio ogni tipo di fatica che non sia direttamente finalizzata al raggiungimento di un fine pratico. Se la fatica è atta alla conquista di un mezzo da usare per avere qualcos’altro, allora io non ci sto. Se la fatica mi procura solo dei soldi, io non ci sto.
La fatica è l’unico mezzo degno per l’ottenimento di qualcosa. I soldi sono un mezzo indegno, deviano la mia attenzione, e li detesto.
Come vivo? Lavorando, naturalmente. E no, non mi pagano in cibo. Mi pagano in denaro. Sono incoerente? No. Lavoro il meno possibile. So quello che voglio, so quanto mi serve per ottenerlo, e lavoro solo quel tanto. Niente di più. Non voglio più soldi di quelli che uso. Preferisco avere tempo da perdere. Preferisco annoiarmi. Preferisco sprecare i miei giorni seduto sul mio divano di fronte alla TV spenta. Per me la ricchezza misurata in tempo è più importante di quella misurata in denaro. E ne sono avido.
Piuttosto che lavorare, preferisco non fare niente. Preferisco il riposo alla fatica. Ritengo il lavoro necessario per ottenere ciò che è necessario. Lo ritengo superfluo quando mi fa ottenere ciò che è superfluo.
Cosa è necessario e cosa è superfluo, sono fatti miei. Proprio come sono fatti tuoi cosa è necessario e cosa è superfluo per te. Se non lo capisci tu, allora, caro mio, in questo momento mi sto rivolgendo all’uomo arancia.

Esco con una ragazza. Elisabetta. Bella, fisicamente. Uno sguardo sveglio, ma allo stesso tempo innocente, giovane… venticinque anni.
Ci sediamo al tavolino di un bar e le chiedo di dirmi di lei. La conosco, ci conosciamo, ma non così bene. Ci potrebbe essere tanto da dire.
Inizia a parlare e scopro che ha già fatto di tutto. Ha lavorato, si è laureata, si è specializzata, ha fatto un corso di ulteriore specializzazione ed è stressata perché vuole iniziare a lavorare per davvero… cioè, spiega, non con dei contratti di apprendistato, dove viene segregata a stare a guardare gli altri che lavorano. Dove è reietta nella stanza delle fotocopie. Lei vuole proprio lavorare.
È un’insegnante di ginnastica, conosce delle tecniche di allenamento appena collaudate, vuole metterle in pratica, ma poi inizia con la solita lagna sulla scarsa valorizzazione dei giovani.
Non mi parla di obiettivi, di progetti, di desideri, di sogni… Elisabetta sembra voglia solo lavorare. Era evidente che ci fosse un problema, così mi viene da chiederle perché, sperando di aver capito male.
Perché cosa? – fa lei.
Perché vuoi lavorare?
In che senso, scusa?
Le spiego che per lavoro si intende qualsiasi movimento fisico atto alla presa di un oggetto esterno al nostro corpo. Una fatica, uno sforzo, un gesto non fine a se stesso, ma avente come obiettivo qualcos’altro. Una bottiglia d’acqua, un tronco di legna, un tozzo di pane, un pezzo di carne.
Si lavora per i frutti di quel lavoro – dico, ingenuo.
Ma Elisabetta si perde, e non afferra il concetto.

Eccoli, i risultati. Ecco il frutto di un sistema che sembra essere stato programmato quasi alla perfezione. Ci siamo arrivati, a questo punto. Forse in pochi se l’aspettavano, ma ci siamo arrivati.
Elisabetta è la tipica persona brava, buona, sincera… è la classica persona onesta. Normale. Perfettamente integrata nel mondo sociale contemporaneo. Elisabetta, quando inizierà a lavorare, sarà l’uomo arancia.
È esattamente il tipo di persona che potrebbe avere dei seri problemi di stabilità mentale, nel corso della sua vita.
Lei vuole lavorare. Non le importa il motivo. Vuole semplicemente lavorare perché è così che si fa. È così che si vive, e lei desidera quello.

ART. 1
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro

Che uno debba lavorare, è fin troppo chiaro. Ma il perché, beh, questo non te lo può certo dire la Costituzione… questo lo devi sapere tu. Ognuno lavora quanto gli pare. Oh, è un brutto periodo per fare questa affermazione, dimenticavo… la crisi, certo… sono tutti contro i giovani, è vero… allora diciamo che è così che dovrebbe essere, va bene? Ognuno dovrebbe fare gli accidenti che vuole. Va meglio, così?
Nessuno regala niente a nessuno. Questo è il senso dell’Art. 1. Bella merda. Però almeno non dice che devi lavorare a caso. Voglio dire, se non hai esigenze, chi te lo fa fare, di usare un sacco di tempo lavorando per chissà che cosa? Se decidi di aiutare qualcuno, sei un volontario, e a me sta bene. Altrimenti, caro mio, devi essere uno schiavo nel profondo, per fare una cosa del genere. No?
Ti stai preoccupando… no, stai sereno… sei in ottima compagnia. La gente che lavora per niente è un’infinità. Lo fanno in continuazione. Pensa a quante persone, dopo essere andate in pensione, continuano a lavorare. Non ne hanno bisogno, loro, di soldi… glieli dà lo Stato senza che loro alzino un dito… durante la loro vita, durante i loro quarant’anni di lavoro, loro se li sono già procurati, i soldi per la vita. Hanno lavorato più del necessario proprio per avere i soldi anche per la vecchiaia… hanno investito una vita intera per potersi riposare da vecchi, e invece cosa gli succede? Succede che questi qui, dopo aver perso il lume della ragione, continuano a lavorare. È assurdo, lo so. Sono diventati dipendenti dal lavoro. Il mondo, la società li ha disumanizzati, gli ha strappato l’anima e l’ha buttata nel cesso. Insieme alla loro libertà. E da schiavi liberti che sarebbero stati, hanno deciso di rimettersi il guinzaglio al collo.
Non gli importa chi lo mantenga, quel guinzaglio. Non gli importa dove li conduca. Il guinzaglio per loro è sicurezza. Il guinzaglio è la loro unica possibilità di sapere cosa fare. La loro unica occasione per non perdersi nel mondo, per non sentirsi smarriti in quell’oceano infinito che è la loro libertà. Così vasta, così profonda, così sconosciuta da essere addirittura temuta. Ed evitata.
Ah, stai attento, tu che mi leggi! Io non parlo mica di chi pratica il suo lavoro per passione! Artisti, sportivi, viaggiatori, documentaristi… questa è gente che il suo lavoro lo farebbe anche gratis! Gente che vede nel suo lavoro la sua vita stessa! Gente che deve lavorare, schiavizzarsi per sopravvivere, magari, perché il loro hobby non gli frutta un soldo… ma loro lo praticano lo stesso! Quelli sono passatempi che possono fruttare soldi, naturalmente… ma che vengono praticati a prescindere dal guadagno! Mica parlo di quella gente lì, io, eh!
Io parlo delle persone la cui libertà è proprio il lavoro inteso come obbligo da svolgere. Sì, proprio come il titolo di questo post. Arbeit macht frei. Il lavoro rende liberi. Chi lo diceva? I nazisti? Ah sì…?
L’individuo è morto. E ha sempre più spesso bisogno di una guida.
Ecco perché sono pazzi. Lavorano senza sapere il perché.
Quale persona veramente sana compirebbe coscientemente degli sforzi vani? Senza conoscerne la ragione, dico… quanta gente sana lo farebbe? Fatica, sudore, pressioni, stress, stanchezza, affanno… in una parola, lavoro. Se lavoro per una ragione, ci può stare, ma se quella ragione non la conosco, allora no. Allora no…
Va bene, ti faccio un esempio pratico. Vai in palestra? Sì? Ci andresti lo stesso se non otterresti alcun risultato a livello fisico? Faticheresti in quel modo, se non ti permettesse di scaricare lo stress? Non mi farei neppure una sega, se non fosse piacevole!
Ogni nostra azione deve essere motivata e spesso, un motivo per cui la gente, la stragrande maggioranza degli esseri umani lavora otto ore al giorno, ogni giorno, per quarant’anni… beh, spesso questo motivo non c’è. Mi correggo. Questo motivo non c’è quasi mai! Si potrebbe lavorare molto meno e mantenere la stessa qualità di vita. E non voglio esagerare col dire che si vivrebbe meglio… di più…
Quello che ci tengo a dirti, è che ritengo fondamentale sapere il motivo per cui mi spacco la schiena ogni santo giorno. È troppo importante avere una spiegazione sulla sveglia che mi butta giù dal letto ogni mattina, sul capo che s’incazza quando faccio un errore, sul collega che mi toglie il saluto, sullo stress che non me lo fa drizzare, sulle scenate isteriche di mia moglie, sull’impotenza, sui brufoli al culo, sulle emorroidi, sulle code al supermercato, sulle tasse, sul bollo auto e sul canone RAI, su Canale 5 e sui brutti voti di mio figlio a scuola, sulla cellulite al culo della cassiera sexy e sull’aumento della benzina, sulle guerre in Medio Oriente e sui troppi stranieri nel campionato italiano, sulla malapolitica e sull’umidità al soffitto, sul mio vicino di casa rumoroso e sulle pulci fra i peli del mio cane e sulle puttane di Berlusconi e sulle gnocche che vanno solo coi ricchi e sulle basi NATO e sui satelliti spazzatura e sulle barche di lusso…
La gente non si dà una ragione per tutto questo… la gente se ne sbatte le palle, e non conosce il motivo per cui ingurgita tutta quella merda.
La mangiate forse perché sa di nutella? Perché profuma? Perché avete paura di annoiarvi? Va bene… va bene tutto… ma io ho assoluto bisogno di una spiegazione per cui me la prendo in faccia ogni giorno, quella roba.
E non dico di essere un filosofo… non dico mica di voler trovare il primo motore dell’universo… macché! Ma chi se ne frega, dell’universo! È a me stesso, che devo dare una spiegazione! Giusta o sbagliata che sia, ho bisogno di una ragione… una scusa, se preferisci… devo giustificarmi con me stesso! Una scusa, cazzo, dovrò pure inventarmela, per potermi fregare in questo modo! Altrimenti, quella parte del cervello che mi è rimasta sana, mi manda a fare in culo pure lei… ed è così che la gente impazzisce per davvero! No?
La coscienza di quello che fanno le persone è troppo spesso ignota… troppo lontana dalle loro vite… sono troppo distanti dalle azioni che compiono quotidianamente, questi qua… non sanno neanche bene che cosa stanno facendo, perché, per come, per chi… per chi?
Sanno che si fa così, che bisogna fare così, e allora lo fanno. Gli hanno detto, gli hanno insegnato, hanno sempre visto la gente, i loro vicini, i loro genitori, i loro nonni, i loro zii, le famiglie dei loro amici, gli attori del cinema… tutti, tutti, cazzo, tutti fanno così! Perché loro dovrebbero fare diversamente? Perché dovrebbero essere diversi dagli altri? Quali forze, quale coraggio, quale mente, quali idee userebbero, se non facessero ciò che hanno sempre saputo di dover fare?
Sembra quasi un insieme di ansie, paure e angoscie programmate, stese, studiate a tavolino affinché tutti, o quasi, ne siano vittima. No, non sono un complottista, anche se a volte ci sono tentato.
È la crisi dell’individuo, che mi fa incazzare. È il rapimento della personalità, è un processo sociale, economico e politico volto alla canalizzazione, agglomerazione e accorpamento che permette di controllare le diversità in un momento solo… sono talmente poche, le differenze che ci separano…
Quest’omologazione permette di fare i conti con un numero di individualità così scarso che ci sarebbe di che preoccuparsi… culture, tradizioni, lingue, banche, monete, politiche, usi e costumi, feste e religioni, vestiti e cibi e bevande e divertimenti… tutto sta procedendo verso un’unità sempre più forte, sempre meno intaccabile, e loro, ingenui, continuano a dare la loro vita in cambio di un fare in potenza. In cambio di una possibilità futura. In cambio della malsana idea di fare questo, quello e quell’altro “una volta che finisco di lavorare”.
Non sanno che quando decideranno cosa fare dei frutti del loro lavoro potrebbe già essere troppo tardi. L’illusione della vita eterna è ancora troppo diffusa fra le menti delle persone di oggi. La vecchiaia non viene neanche lontanamente considerata come si dovrebbe.

Uomini arancia. Pieni di succo. Gustosi. Vitali. Belli. Presi e usati senza sapere da chi, per chi, per quale ragione.
L’educazione pubblica, dice Céline. L’abitudine a lavorare per un tempo prestabilito chissà da chi, incondizionatamente accettata da chiunque voglia appartenere a questa società.

Abbiate almeno la dignità di farvi bastonare, allora.