L'uomo solitario non ha bisogno di nessuno.
Non
vuole la presenza di nessuno.
Il
solitario gioisce di ciò che è,
di
ogni passo fatto verso l’obiettivo che indipendente si prefigge.
Vaga,
l’uomo solitario, per i bar non affollati,
frequenta
i quartieri più deserti,
i
locali meno divertenti,
le
piazze neglette e abbandonate.
Il
solitario è spesso infastidito dalla presenza dei suoi simili,
è
selettivo con estrema rigidità,
ripugna
le mode, i dettami, le leggi.
L’uomo
solitario è l’anarchico per eccelenza,
perché
niente si avvicina al valore della sua totale libertà.
Trasgredisce
le leggi morali per alcuni,
civili
per altri,
penali
per altri ancora,
ma lo
fa esclusivamente in nome della sua sola ed assoluta libertà.
Il
solitario conosce se stesso alla perfezione perché è l’unica
persona con cui regolarmente conversa.
Lavora
e soffre duramente ed aspramente per raggiungere la sua atipica
serenità,
ché
il mondo ruota al contrario, per il solitario.
Ottenuto
quello che sembra essere il suo fine,
comprende
di possedere una risorsa infinita e autorigenerante,
un
mezzo fondamentale,
il suo
Sacro Graal, il tesoro dell’isola,
la
sempiterna giovinezza, l’immortalità, l’invincibilità,
la
bellezza oggettiva, l’onnipotenza,
la
felicità eterna.
Ogni
azione dell’uomo solitario è dettata dall’istinto e dal
desiderio.
Egli
può liberamente ripudiare ogni atto che lo infastidisce, che a lui
non piace,
ma
potrebbe compierlo nell’istante successivo,
perché
è sciolto da ogni vincolo idealistico o morale,
e lui
può cambiare idea. Sempre.
Ateo
monoteista, lui è il solo dio di se stesso.
Si
rispetta col massimo degli onori,
si
vizia e si regala ciascuno dei suoi stessi sogni.
Il
solitario è egoista
e nel
suo univoco mondo è l’incontrastato re senza successori.
Il
solitario ha le chiavi per tutte le porte
ma non
le ha mai dovute usare, ché quelle, al suo passaggio, si spalancano
da sole.
Vive
in una casa sconfinata quanto il mare,
il suo
soffitto è il cielo più terso
e le
stelle le incontra a metà strada fra il pavimento e la lampadina da
cambiare.
L’uomo
solitario è libero,
non ha
confini, né limiti, né divieti, né regole.
Follia
fatta uomo, incomprensibile e stupefacente,
l’universo
gli esplode dentro creandosi e distruggendosi senza mai una tregua.
Prova
ciò che vuole,
vive
dove vuole,
agisce
quando vuole,
tocca
quel che vuole.
Per il
solitario non esiste sfortuna, né fortuna.
Non
esiste il dolore, la malattia, la tristezza,
ché
lui sa di vivere, conosce la vita e ha deciso di rimanerci immerso.
L’uomo
solitario guadagna il sorriso della morte materializzata nella sua
ombra.
Ogni
giorno è uno in meno che gli resta,
ogni
azione la considera unica, ultima e inimitabile.
L’uomo
solitario sa di non poter varcare gli argini dell’esistenza,
gode
della consapevolezza di avere un’unica strada da percorrere.
Non
perde tempo a tentare di scalare gli argini, lui:
procede
diretto verso la foce senza curarsi dei suoi tanti consorti.
Il
solitario osserva
e
trova la via meno faticosa per giungere all’universale
destinazione.
Evita
gli scontri,
abbandona
le distrazioni,
si
dedica al suo passaggio,
non
aspetta nessuno e nessuno aspetta lui.
Giunto
alla foce, l’uomo solitario s’immerge felice nell’infinita
freschezza del mare più calmo.
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