L'Uomo Arancia

Letteratura d'assalto. In crisi. Dal 1989

POMERIGGIO

Fuori piove
ed io mi rendo conto di non avere speranze, né desideri.
Che faccio?
Spero che smetta
affinché mi scaldi il sole?
Spero che la pioggia cessi affinché le persone invadano le strade?
Non voglio che smetta di piovere.
E allora?
Spero che continui
per viziarmi col placido suono dell’acqua?
Spero che essa cada, e cada, e cada
per far poi spuntare nuovi germogli dal nulla?
Non voglio che continui a piovere.
Il sole, oltre a scaldare me, illumina
ciò che odio di questo mondo.
La gente, oltre a farsi incontrare per strada,
parla nel modo che più odio a questo mondo.
Il suono della pioggia mi culla, mi addormenta,
uccide la forza di volere una umana sopravvivenza.
I germogli spuntano verdi e brillanti
figli di una terra avvelenata che contribuiscono a tenere in vita.
Mi rassegno alla pioggia e mi rassegno al sole.
Godo della pioggia come godrei del sole.

Acqua
Lava torrenziale le scorie d’aria putrida.
Gocce infinite accarezzano la pelle tesa.
Candido frescore che gela la stanchezza.
Godo della pioggia.

Raggi di cielo allentano ciò ch’è rigido,
assopiscono le palpebre e schiudono le labbra.
Soffice tepore che avvolge di sicurezza.

Godrei del sole.

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