Spegnete le aureole, ritiratele, mettetele in un cassetto.
Guardate Giuseppe.
Canuto all’ombra di una rozza tettoia sbilenca fatta di canne
secche.
Lavora sul suo scarso legname senza tregua nella torrida calura della
sua bottega.
Terra e segatura si mischiano ai suoi piedi
mentre la sega che impugna con mani forti e robuste
apre un nuovo tronco.
Ed ecco Maria
bassa e rugosa, seria, gobba.
Intenta a spennare un grosso cappone con le mani ruvide e tozze,
seduta su una sedia di paglia ormai usurata.
Getta il pollame dentro ad un recipiente di creta
scura in volto, dedita solo alla sua monotona fatica.
Fuori, potete vedere gli angeli
piccoli e magri, sorridenti e affamati.
Giocano per strada con altri angeli ancora
immersi nella desolazione pomeridiana del villaggio.
Corrono e ridono, gridano e saltano
In attesa che i loro genitori li richiamino al dovere.
Nella città di Gerusalemme, incontrate ora Cristo.
Capelli ricci, gonfi, corvini e crespi.
Barba lunga e nera, ispida e disordinata.
Sotto la fronte sudata, due piccoli occhi neri rimangono attenti,
vispi.
Lo rendono vivo.
La sua pelle è scura, arsa dal sole di Palestina.
Un pezzo di stoffa pende dallo strappo della sua tunica in lino
rovinata, logora, bisunta.
Ai piedi porta un paio di sandali in cuoio ricoperti di polvere;
in parte sfondati, sono consumati e decrepiti.
Gli manca l’unghia dell’alluce destro
e un rigolo di sangue secco macchia di marrone una sua ossuta
caviglia.
Dei fili di paglia si sono incastrati durante la notte fra i suoi
aridi capelli.
Respira
piano, silenzioso,
mentre siede al tavolo di una taverna pensoso e solitario.
Tiene un tozzo di pane azzimo nella mano mancina,
mastica il pezzo che ha appena bagnato nella calda, povera minestra
di cavolo e bietole.
I baffi, che gli coprono le labbra, gocciolano di quell’acqua
sciapa
mentre inghiotte il boccone accompagnandolo con una lunga sorsata di
vino.
Con la manica del suo abito, si asciuga il muso, si pulisce,
poi si alza spingendo rumorosamente indietro lo sgabello.
Paga con tre monete il misero pasto all’oste senza pronunciare una
parola
e procede verso la porta
da cui esce infine sulla chiassosa, affollata strada
senza meta né direzione,
camminando solo fra la gente che incontra.
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