Spiaggia,
folla, mare, estate, sole, grida, ombrelloni,
calda
e accesa luminosità,
bancarelle,
venditori ambulanti, massaggi, olii abbronzanti, famose spiagge
esaltate in TV.
Arriva
il turista alto e magro, dalla carnagione giallastra.
Porta
un cappello in paglia ridicolo e a buon prezzo
acquistato
al simpatico negozio del resort.
Una
maglietta con stupide battute in dialetto
puntualmente
tradotte dall’abbronzato venditore locale.
Porta
su una spalla un leggero ombrellone colorato,
con
l’altra mano trascina un carrello in plastica carico di sdraio,
lettini, spiaggine, maschera, pinne, inutile retino.
La
moglie trascina per un braccio il figlio più piccolo che strilla
piagnucolante lamentele inascoltate,
mentre
il suo fratello maggiore, brutto e magro,
cammina
automatico con sguardo spento e mugolando inudibili canzoni.
Si
cospargono a vicenda una bianca crema ovunque sul corpo in quantità
industriali.
Attrezzatura
da spiaggia all’ultimo grido,
vocio
incontrollato e agitazione collettiva.
La
frenetica famiglia dispone la sua roba in uno sputo di spiaggia
libera,
scattando
fotografie e registrando video senza tregua.
Guardano
la realtà attraverso un minuscolo schermo elettronico
evidentemente
capace di filtrare lo schifo che li circonda
e
che li illude di una bellezza cui il mondo umano li ha convinti.
Non
possono che seguire l’inerte fiumana di esseri accomodati
fra
gli argini dell’oggi più malato e superficiale.
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