L'Uomo Arancia

Letteratura d'assalto. In crisi. Dal 1989

OPPORTUNITA'

 

Pronto, signor De Michelis?

Sì?

Salve, sono Farris, il ragazzo che…

Oh, sì, Farris, mi dica!

Sì, era solo per dirle che sono di rientro dalla Spagna, come le dissi, e…

Sì, sì, mi ha detto che doveva rientrare proprio oggi, ricordo… Mi dica!

Ecco, io sono già in Sardegna, solo che il treno si è fermato, hanno detto che c’è stato un guasto al motore della motrice, che mi provocherà qualche ritardo. Volevo solo avvertirla che potrebbe esserci il rischio che per le sedici…

Ahi ahi, Farris… Neanche iniziato, e subito in ritardo… Non è una buona presentazione, sa? Insomma, io l’ho chiamata per sapere se fosse stato possibile…

Ma signor De Michelis, scusi se la interrompo: non le sto dicendo che arriverò in ritardo, assolutamente! Mi trovo quasi ad Oristano, figuriamoci se non riuscirò ad essere a Cagliari per quell’ora! È appena mezzogiorno!

Ma se non c’è pericolo perché mi chiama?

Beh, sa com’è, con questi treni non c’è tantissimo da fidarsi… Nel caso di un eventuale prolungamento di questo viaggio, vista l’ora, il ritardo non potrà essere eccessivo, ma dico: se non dovesse vedermi per le sedici, non si allarmi. Arriverò appena possibile, va bene?

Mica tanto, Farris… Ma se proprio non ci sono alternative… Scusi ma ora devo andare… A dopo allora.

A dopo, a dopo!

Ma De Michelis aveva già riattaccato.

Putt…!!! – pensava nel frattempo Antonio – Ma che sfiga! Ma proprio oggi doveva guastarsi, ‘sta motrice qua? Ma non poteva arrivare fino a Cagliari? Miseria d’una miseria…!!! Per una volta che mi chiamano per un colloquio… ecco qui che succede! Non è possibile. Sperduto nella steppa sarda a mezzogiorno, soffocando dal caldo di questa giornata afosa di merda, e per di più non creduto da quello stronzo di De Michelis… Ma che vada a farsi fottere! Maledetto bastardo, ma che possa capitare a te, quello che sta succedendo a me. Minchia, se non mi assume perché ho fatto dieci minuti di ritardo, vuol dire che è proprio uno stronzo. Meglio perderli che trovarli, elementi simili! Però certo che sarebbe bello, riuscire ad entrare in quell’Agenzia di Consulenza… Lavorare in Sardegna, tranquillo… Magari ogni tanto una trasferta qua e là per il mondo… Basta che non mi ci scaraventino in Cina per mesi! Heh! Sarebbe una bella botta di vita, se sopravvivo! Ih ih!

E così pensando, gli spuntò un sorriso sul viso sudaticcio per il caldo che faceva all’interno della carrozza ferma.

Che poi – continuava a pensare il giovane, ottimisticamente a dispetto della brutta reazione di De Michelis – il ritardo mica è sicuro! Cavoli, sono quasi ad Oristano, ed è mezzogiorno! In quattro ore, a voglia se c’arrivo, a Cagliari! Arriverò anche prima… Mah, che roba… Tornare dalla Spagna ed avere subito un appuntamento per un colloquio di lavoro… E chi se l’aspettava? Cavoli, quando mi arrivò la chiamata… Heh! Che esultanza… subito al bar con Hanna a farci una cerveza

Hannah, per spiegare il ragionamento cui era andato a parare il cervello d’Antonio, mosso dal rientro in Sardegna, dalla brutta situazione in cui si trovava e dal caldo afoso che pareva surriscaldargli i circuiti interni, era la ragazza con cui il giovane passò, per così dire, momenti felici a Valencia, dove era stato per un mese in vacanza-studio, per imparare lo spagnolo. Non era una ragazza bellissima, in realtà. Ma la situazione la rendeva unica: quel suo strano accento spagnolo, lingua troppo difficile per gli esteuropei, quella sua risata mai sguaiata, imperfetta, eppure sempre simpatica, e quei suoi occhioni espressivi facevano di Hannah una delle ragazze con cui Antonio era stato più a suo agio. Forse la ragazza migliore che aveva mai conosciuto. E per un mese l’aveva frequentata, tutti i giorni, fino al giorno della loro partenza. Entrambi, infatti, lasciavano Valencia lo stesso giorno, il 4 di Settembre, per fare rientro nei rispettivi paesi. Le varie promesse strappate di venirsi a trovare a vicenda, lasciavano il tempo che trovavano. Antonio avrebbe voluto stare lì, a Valencia con Hanna. E lei gli confessò la stessa cosa. Ma la vita è fatta così: tutto ha una fine. Le cose brutte, come quelle belle. E talvolta si lasciano il cambio, come se si sostituissero. Esce il momento d’oro, ed entra quello di merda. Come la situazione che stava vivendo lui, lì, a 35° dentro un treno vecchio, guasto, ed in un inesorabile ritardo che l’avrebbe portato ad un imbarazzo micidiale di fronte a quel De Michelis, che gli diventava sempre più antipatico, secondo dopo secondo.

Ed eccoci a bomba… Ma perché mi è tornato in mente De Michelis? Scusi! – disse all’improvviso, come risvegliatosi da un breve sogno, all’addetto delle ferrovie che attraversava in quel momento la sua carrozza – ma non funziona l’aria condizionata? I finestrini non si abbassano completamente, e se si abbassano entra un’aria irrespirabile, per quanto è calda! L’aria non l’attaccate?

Beh, dovrebbe essere accesa, ma con la motrice spenta probabilmente si è staccata anche quella!

Minchia! – pensò allora Antonio fra sé e sé – siamo messi bene! – Ma scusi, quand’è che ripartiamo?

Non saprei… Hanno detto che ci dovrebbero mandare una motrice da Oristano per portare via quella guasta; poi un’altra motrice verrà da una delle stazioni che abbiamo già passato, probabilmente da Chilivani, e ci porterà indietro. Da lì…

Ma sta scherzando??? Dovremmo tornare a Chilivani??? Ma non si può andare verso Cagliari, anziché tornare indietro? Cavolo io devo essere a Cagliari per le quattro! Ce la faccio?

Non so… penso che in un’ora la motrice sarà qua.

Un’ora!!! – riprese Antonio in silenzio, volgendo di scatto lo sguardo al finestrino, verso quel paesaggio muto e desertico, smosso solo da quel vento di Levante che contribuiva a rendere la situazione ancor meno sopportabile. Meglio non proseguire la conversazione. Avrebbe potuto dire qualche sproposito a quel pover’uomo che non faceva altro che il suo lavoro. – Fra un’ora arriva!!! Merda, quando va male, va male, e non c’è niente da fare! Come posso rimediare, d’altronde? A piedi, ad Oristano, ci perderò chissà quanto. Verò è che seguendo i binari prima o poi c’arrivo, ma quando? No, no, non è possibile! Ma che sfiga! Possibile? Mo’ quello là già era incazzato, se lo chiamo e gli dico che arrivo tra un’ora mi riattacca il telefono in faccia, e a me viene solo voglia di arrivare a Cagliari per insultarlo. Ma pensa te…

La stanchezza del viaggio, però, iniziò ad affievolire quelli che erano i pensieri di Antonio, sia quelli pessimisti che quelli ottimisti. Antonio, in poche parole, smise di pensare. Guardando fuori, i suoi occhi si focalizzarono su una quercia, a non più di duecento metri dal treno, e la osservavano mentre le sue foglioline venivano scompigliate dal vento, che pareva essere sempre più forte. Neanche lui si rese conto quanto rimase a fissare quell’albero, che pareva aver preso la funzione d’un televisore, capace di frenare il funzionamento del cervello umano trasmettendo immagini e parole accolte automaticamente senza consapevolezza.

Ma ecco che, improvvisamente, Antonio venne risvegliato dall’ipnosi a causa di alcuni rumori sordi provenienti dall’esterno. Tirò fuori, per quel che poté, la testa dal finestrino guasto, che si apriva solo per una trentina di centimetri, e vide che degli operai stavano agganciando la motrice guasta ad un’altra motrice che evidentemente, come gli disse il funzionario sul treno, aveva il compito di trasportarla fino ad Oristano. Guardò il cellulare: il segnale della batteria lampeggia. – Merda, stanotte non l’ho spento! Vabbé, tanto stiamo partendo – Era l’una meno venti.

Minchia! Son rimasto ammammaluccato con quella quercia per mezz’ora e passa? Heh! Sto impazzendo…

Nel frattempo si rese conto, da dei movimenti leggeri ma improvvisi che faceva pure la sua carrozza, che la motrice guasta era stata staccata dal resto del treno. Si affacciò nuovamente, e vide che una motrice stava trascinando lentamente un’altra motrice verso Oristano.

Ma non ci potevano accompagnare con quella caffettiera lì? Non c’è nessuno in questo trabiccolo!

In effetti Antonio aveva più che ragione: le uniche persone che occupavano dei posti nella sua carrozza erano due turisti dalle sembianze nordeuropee che stavano seduti, l’uno accanto all’altro, zitti come se niente fosse, tenendo i loro zaini sul corridoio.

Questi qua sono abituati a sopportare chissà cosa, se non trovano da dire in queste situazioni! Saranno in vacanza… Certo non hanno appuntamenti importanti, altrimenti… Heh! Li avrei voluti vedere, ‘sti due buddha! Ma qui – continuò Antonio, sempre in silenzio ma evidentemente agitato, guardandosi ansiosamente attorno – cosa stanno combinando? Ci lasciano in mezzo al deserto? Miseria ladra, siamo senza motrice?

Solo una decina di minuti dopo Antonio si rese conto, sempre grazie a dei rumori sordi provenienti da fuori e a dei movimenti che faceva la sua carrozza, che era arrivata un’altra motrice, che stavano agganciando al treno.

Ma che cosa stanno facendo??? Perché la stanno attaccando lì? Minchia, sta’ a vedere che questi qua mi portano veramente indietro fino a Chilivani!

E così fu.

Minchia, e mo’ che cacchio gli dico a De Michelis? Per Chilivani ci vorrà un’ora abbondante, vista la velocità con cui ci si muove con questi treni dell’era del cucco.

Quando il treno si fermò a Chilvani, proprio dopo un’oretta di tragitto, i passeggeri vennero fatti scendere, ed indirizzati, con sorpresa generale, al di fuori della stazione.

Scusi – disse Antonio ad un ferroviere – ma mi può spiegare che cosa sta succedendo? Guardi che io mica devo andare a Chilivani! Io sono diretto a Cagliari!

Eh, e allora vai dove ti sto mandando, scusa!

Ma io a Cagliari ci devo andare in treno, mica a piedi!

E vai lì fuori e non rompere…! Sali sul pullman che ti porta a Cagliari.

Pullman?

Pullman, eh!

Il ferroviere, a quel punto, senza più badargli, avanzò gridando qualcosa in sardo ad un suo collega sul treno. Che poi Antonio, quel dialetto mezzo sassarese, non lo capiva nemmeno!

Che gente di merda! Non basta che sei un cliente, non basta che ti trattano come un animale… S’arrabbiano pure!!! No, veramente, se questo non è un incubo c’è da ragionarci su!

La gente era sfiancata, irritata, agitata. E Antonio aveva raggiunto l’orlo della disperazione. Allora si decise.

Salgo sul pullman e chiamo De Michelis. Gli spiego tutto, e se s’incazza, beh pazienza. Se sono sfigato che colpa ne ho io? Heh! Come se l’avessi fatto apposta! Una cosa del genere, manco ai cani si augura!!!

La corriera, vecchia di almeno quindici anni, era riservata ai passeggeri del treno, e i posti a sedere erano sufficienti per tutti gli sfortunati e tribolati viaggiatori. Il primo posto che Antonio trovò, nella parte sinistra del corridoio, verso metà veicolo, fu accanto ad un signore tra i cinquanta e sessant’anni, ben vestito, dall’occhio vispo e dall’espressione tipica di chi è sicuro di sé fino in fondo. Gli si sedette accanto. Il suo volto l’avrebbe probabilmente rassicurato in caso di urla di rabbia da parte di De Michelis.

Cosa gli dico? Bah, la verità. Sono stanco anche di pensare. E se mi dice che mi aspetta, beh, vado lì e gli dico chiaro e tondo quello che mi chiede. Non gli va bene? Crepi. Non ho voglia: il viaggio dalla Spagna, i casini in treno, ‘sto caldo che manco ad Agosto… Se gli va bene, bene. Sennò vada a farsi fottere.

Accertata la validità del suo ragionamento, ormai non più degno dei migliori diplomatici, si voltò a guardare il signore lì accanto. Aveva un respiro più pesante del normale, e muoveva le labbra, come se stesse masticando qualcosa, quasi come se quel movimento l’aiutasse a trovare una soluzione che non aveva ancora a portata di mano. Aveva un aspetto concentrato, ma sereno, tranquillo. Ad Antonio piacevano quelle persone lì. Le persone che guardano in faccia la realtà, che quando si trovano di fronte ai problemi li risolvono senza fare baccano, senza lamentarsi, certi della loro forza, delle loro capacità, della loro esperienza. Rinvigorito da quella presenza, si decise:

Basta, lo chiamo. O la va, o la spacca.

Si scompose leggermente per tirare fuori il cellulare dalla tasca, cliccò il tasto cancelletto per sbloccare la tastiera, ma il cellulare rimase buio. Cliccò il tasto dell’accensione: un breve segno di vita, poi, di nuovo, buio.

Merda la batteria!!! – Una stretta alla gola gli bloccò il respiro, per un momento si sentì quasi mancare, poi, spontaneamente, le sue mani gli si piazzarono sulla testa, che si piegò in avanti toccando il sedile davanti al suo.

A quel punto, il signore che sedeva accanto a lui, con tono preoccupato ma non scomposto, gli rivolse la parola:

Che è successo?

La sua voce, quasi baritonale, non poté non essere notata da Antonio, che aveva appena capito di aver perso ogni possibilità di recuperare la situazione con De Michelis.

Niente… Beh, “niente”… Mi si è spento il cellulare, dovevo fare una chiamata urgente ma…

Tieni – rispose il signore porgendogli il suo telefono e corrugando la fronte, come per incutere sicurezza – usa il mio!

La ringrazio tanto, veramente, ma non ricordo il numero.

Beh, vuoi sostituire la scheda col mio, per recuperarlo?

No, la rubrica la salvo sul cellulare.

Il signore allora, dopo un “Ah!” di comprensione, si rimise lentamente il telefono cellulare in tasca, riprese a muovere le labbra e si girò dall’altra parte.

Ogni speranza era persa.

Beh dai – riprese il vicino di posto di Antonio voltandosi nuovamente al ragazzo – era così urgente? – chiese con un accenno di sorriso.

Un colloquio di lavoro. Ci tenevo davvero tanto, a questo posto, e vado a perderlo perché mi si guasta il treno. Ma si può? Ma tutte a me devono capitare? E poi non ho neppure la possibilità di avvisare! Era già piuttosto arrabbiato prima, quando gli ho parlato di una possibilità di ritardo, figuriamoci cosa sarà se dovessi chiamarlo stasera (perché ormai, per le quattro, non c’arrivo più a Cagliari). Appena sentirà la mia voce, partirà con gli insulti. Vabbé… quando si è sfortunati, si è sfortunati e basta!

Ma dai, pensavo peggio… Sei giovane, ne avrai più d’una di proposte di lavoro, ci scommetto!

– “Pensavo peggio?” E cosa c’è di peggio? La situazione non è risolvibile, ormai! Un posto come commerciale non è che si trovi tanto spesso!

Commerciale? In Italia o all’estero?

Principalmente a Cagliari, con la possibilità di fare qualche trasferta all’estero ogni tanto…

Perché, non ti piacerebbe lavorare prevalentemente all’estero, e tornare in Sardegna di tanto in tanto?

Beh, sì ma… perché me lo chiede? – azzardò Antonio con un accenno di sorriso di curiosità.

Vedi… io dirigo una Società di Consulenza Commerciale, per esempio. Fra tre settimane un mio collaboratore va in pensione, e sto cercando un giovane disposto ma… ci credi? Non riesco a trovarne uno. Tu saresti interessato ad un colloquio?


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